Civile.it
/internet
Osservatorio sul diritto e telecomunicazioni informatiche, a cura del dott. V. Spataro dal 1999, 9266 documenti.

Il dizionario e' stato letto volte.



Segui via: Email - Telegram
  Dal 1999   spieghiamo il diritto di internet  Store  Podcast  Dizionario News alert    
             

  


WPkit.it: privacy, formulari, check up per WordPress

Temi attuali:
Algoritmi ChatGPT Intelligenza artificiale Privacy WordPress



Facebook 25.02.2019    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Sentenza del Tribunale di Roma contro Facebook per link in violazione al copyright e diffida a rimuovere

Tribunale di Roma, sentenza n. 3512/2019 pubbl. il 15/02/2019
Spataro

 

(

(Giudice relatore: dott. Giuseppe Russo)


nella causa civile di primo grado iscritta nel registro generale per gli affari contenziosi al n. 33124 dell'anno 2012 vertente

tra

Reti Televisive Italiane S.p.A.in persona del legale rappresentante pro tempore, nonchè Ponzone Valentina, entrambe elettivamente domiciliate in Roma alla via Cicerone n. 60, presso lo studio Previti-Associazione professionale rappresentata e difesa dagli Avv. ti Stefano Previti, Giovanni Mangialardi e Alessandro La Rosa in forza di procura in atti
- attrici -
e

Facebook Inc. e Facebook Ireland Limited, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma alla via Santa Maria in Via n. 12, presso lo studio degli Avv.ti Micael Montinari, che le rappresenta e difende unitamente all'Avv. Marco Bellezza in forza di procura in atti
- convenute -

CONCLUSIONI

per parte attrice:
"Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrarjis reiectis, previa emissione di ogni necessaria pronunzia ed esperito ogni opportuno accertamento, rigettate tutte le domande delle convenute in quanto
infondate in fatto ed in diritto, così giudicare:
accertare e dichiarare che la pubblicazione dei contenuti censurati, presenti sul portale telematico "Facebook" ed accessibili attraverso l'URL "http://www.facebook.com/group.php?gid=249885759721&v=wall" ha leso l'onore, la reputazione ed il decoro delle attrici ed è comportamento rilevante (e illecito) ai sensi degli artt. 40, 41, 110 e 595, III comma, c.p. e ex articoli 2043, 2055, 2059 c.c. e 2 Cast.;
2) accertare e dichiarare che la pubblicazione dei contenuti censurati, presenti sul portale telematico "Facebook" ed accessibili attraverso l'URL "http://www.facebook.com/group.php?gid=249885759721&v=wall" ha leso altresì i diritti relativi al ritratto della sig.ra Ponzone ex articoli 10 c.c. e 96/97 L n. 633/1941;
3) accertare e dichiarare che la pubblicazione, in qualsiasi modo o forma, diretta o indiretta, totale o parziale, dei contenuti audiovisivi di esclusiva titolarità di RTI ed accessibili attraverso la piattaforma telematica Facebook - localizzati attraverso l'URL http://www.facebook.com/group.php?gid=24988575972l&v=wall- e/o comunque attraverso la piattaforma telematica Facebook, ha leso i diritti esclusivi di utilizzazione economica di RTI sui contenuti audiovisivi della "Serie Animata" (anche ex art. 79 L.d.a.) nonché sull'immagine, il nome e la voce dell'Artista ed altresì i diritti di proprietà industriale sul "Marchio RTIN (anche ex art. 20 Cod. P.I.) ed è fattispecie che integra l'illecito civile ex art. 2043 c.c. nonché gli illeciti di cui agli articoli 171, comma l, lett. a), a-bis), f), 171-ter, comma l, lett. a), b) c), 171-ter, comma 2, lett. a-bis), c) L. d. a.;
4) inibire a Facebook (anche ex artt. 156 e 158 L.d.a.) la futura violazione di tutti e ciascuno dei diritti sia di RTI che della Sig.ra Ponzone, oggetto di causa, perpetrata in qualunque forma e con qualunque mezzo quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, attraverso i servizi di caricamento sui propri server, di mantenimento sugli stessi e di messa a disposizione del pubblico (in modalità streaming, linking e/o embedding) dei contenuti censurati o anche semplicemente attraverso collegamenti telematici (links) a piattaforme digitali di terzi;
5) condannare parte convenuta al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali della sig.ra Ponzone, subiti e subendi, derivanti dalla pubblicazione di affermazioni e immagini ritenute lesive dell'onore, del decoro e della reputazione dell'attrice nella misura di complessivi euro 250.000,00 o nella maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa anche a seguito di valutazione equitativa;
6) condannare parte convenùta al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non di RTI, subiti e subendi, derivanti sia dalla pubblicazione di affermazioni ritenute lesive della reputazione e dell'immagine commerciale della società attrice, sia dalla lesione dei diritti esclusivi della stessa RTI sui contenuti audiovisivi oggetto di causa, nella misura di complessivi euro 250.000,00 o nella maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa anche a seguito di valutazione equitativa, sul punto evidenziandosi çome l'espletata CTU, volta tra l'altro ad accertare il valore delle royalties per l'utilizzo dei brani audiovisivi oggetto del giudizio, abbia accertato che "il tempo di permanenza dei video è di circa 2 anni e considerato che è ragionevole supporre che in una libera negoziazione vengano previsti rinnovi annuali (come disciplinato nei contratti depositati in atti), il corrispettivo stimato è calcolato come segue: 5 minuti x 809,50 euro/minuto x 2 anni= 8.095,00 euro";
7) fissare una somma - in misura non inferiore ad euro 30.000,00- dovuta da parte convenuta ad RTI e/o all'Artista, per ogni futura violazione e/o inosservanza successivamente constatata di uno qualsiasi dei diritti fatti valere in questa rispettivamente, da RTI e dall'Artista;
8) fissare una somma - in misura non inferiore ad euro 10.000,00 per ciaascuna parte attrice - per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'emananda sentenza;
9) ordinare che l'emananda sentenza venga pubblicata in tutto o in parte nella pagina principale (homepage) del sito Internet di parte convenuta (www.facebook.com) e sulla prima pagina dei seguenti quotidiani: "Il Sole 24 Ore", "Il Corriere della Sera" e "Il Giornale" a cura delle attrici ed a spese delle convenute;
10) disporre la registrazione della sentenza con recupero a debito della parte convenuta dell'imposta di registro, ai sensi degli artt. 59 e 60, lett. d), della L. 131/1986 e con vittoria di spese e compensi oltre CNPA ed IVA, oltre rimborso forfetario spese legali sull'importo dei diritti e degli onorari (come da nota spese che ci si riserva di allegare);
in via istruttoria: Reti Tèlevisive Italiane s.p.a. e la Sig.ra Valentina Ponzone insistono su tutte le richieste istruttorie formulate con le proprie memorie ex art. 183, comma 6, nn. 2 e 3 c.p.c. senza alcuna rinuncia o esclusione, qui da intendersi integralmente trascritte; le attrici dichiarano inoltre di volersi avvalere di tutti i documenti prodotti nell'ambito del presente giudizio, come allegati ai propri scritti difensivi, ai verbali di causa e nel corso dell'espletata CTU".

Parte convenuta:
"In particolare, per tutti i motivi esposti nei precedenti scritti, nel corso della consulenza tecnica d'ufficio e nei verbali d'udienza, ivi incluse le eccezioni di cui al verbale d'udienza del 26 gennaio 2017, Facebook, Inc. e Facebook Ireland chiedono che l'Ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni contraria domanda, ragione ed eccezione, voglia:
in via preliminare, rilevare il proprio difetto di giurisdizione rispetto alla convenuta Facebook, Inc. e per l'effetto dichiarare, con riferimento a quest'ultima società, la giurisdizione del Tribunale competente in California, Stati Uniti d'America;
in via subordinata per quanto attiene a Facebook, Inc. e in via principale per quanto attiene a Facebook Ireland, rigettare tutte le domande formulate dalle Attrici in quanto infondate in fatto e in diritto.
In particolare, si confida che questo Ecc.mo Tribunale voglia:
• accertare e dichiarare che Facebook, Inc. e Facebook Ireland non sono responsabili per qualsivoglia asserita condotta lesiva perpetrata da utenti terzi sul Servizio Facebook e per l'effetto rigettare le domande di RTI e della sig.ra Ponzone in quanto infondate in fatto ed in diritto;
• in via subordinata, accertare e dichiarare che Facebook, Inc. e Facebook Ireland non hanno in alcun modo pubblicato o concorso a pubblicare affermazioni o immagini lesivi per l'onore, la reputazione o l'immagine di RTI, nota emittente televisiva, e/o della sig.ra Ponzone e per l'effetto rigettare la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente derivanti dai èontenuti di cui si discute;
• sempre in via subordinata, accertare e dichiarare che le Società Facebook non hanno violato né i diritti spettanti a RTI a fronte del contratto di licenza stipulato con il produttore della serie animata per cui è causa, né i diritti sul marchio "Italia 1", né i diritti di sfruttamento dell'immagine della sig.ra Ponzone e per l'effetto rigettare la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente derivanti dalle condotte sopra descritte nonché le connesse domande di inibitoria, pubblicazione della sentenza, fissazione di una somma per ogni futura ulteriore violazione e fissazione di una somma per il ritardo nell'esecuzione dell'emanando provvedimento;
(iii) in ogni caso, con vittoria, di spese, diritti e onorari del presente procedimento, inclusi gli onorari del consulente tecnico di parte delle Convenute, e ponendo a carico esclusivo delle Attrici gli onorari liquidati in favore del CTU, oltre IVA e CPA come per legge".

FATTO E DIRITTO

La società Reti Televisive Italiane S.p.A. (di seguito RTI) e la sig.ra Valentina Ponzone hanno citato in giudizio, dinanzi alla sezione specializzata in materia di Proprietà Industriale e Intellettuale (ora Sezione specializzata in materia di Impresa) del Tribunale di Roma, la società di diritto statunitense Facebook Inc. e la società di diritto irlandese Facebook Ireland Limited, appartenente al medesimo gruppo, quali titolari dell'omonimo social network e del relativo portale telematico.

Le attrici in punto di fatto hanno esposto che: RTI è concessionaria per l'esercizio dell'emittente televisiva denominata "Italia 1" e titolare dell'omonimo marchio italiano e comunitario nonché di tutti i diritti di sfruttamento economico in esclusiva per l'Italia su una serie di cartoni animati giapponesi dal titolo "Kilari" e sulla relativa sigla di apertura realizzata dalla sig.ra Valentina Ponzone che, in forza di apposi ti accordi contrattuali, ne aveva ceduto ad RTI tutti i diritti di sfruttamento inclusi quelli al suo nome, alla sua voce e alla sua immagine; nel mese di febbraio dell'anno 2010 le due attrici avevano appreso che sul social network Facebook era stato creato un profilo telematico dal titolo "Valentina Ponzone nei panni di Kilari è assolutamente ridicola H, nel quale erano stati pubblicati video e commenti che dileggiavano ed insultavano con termini grevi ed altamente offensivi la sig.ra Ponzone, derisa per le sue caratteristiche fisiche, e al conterripo l'impresa RTI, rea di aver scelto come interprete della sigla della serie animata un personaggio da taluno giudicato inadeguato; il profilo telematico in questione conteneva altresì la pubblicazione non autorizzata di una fotografia della sig.ra Ponzone nei panni di "Kilari" nonché dei collegamenti ipertestuali (links) che conducevano alla visione di sequenze di immagini tratte dalla citata serie animata trasmessa da RTI attraverso ml'eittente "Italia 1"; con lettere raccomandate del 26/2/2010, del 17/3/2010, del 25/3/2010, del 2/4/2010 e dell'8/4/2010 la società titolare del portale Facebook era stata più volte diffidata all'immediata disattivazione del profilo telematico sopra citato e dei links in esso richiamati nonché all'eliminazione di tutte le informazioni ivi inserite; la pagina web oggetto di contestazione era stata rimossa soltanto nel mese di gennaio 2012.

RTI e la sig.ra Ponzone hanno chiesto, dunque, a questo Tribunale di accertare la violazione dei diritti all'onore, alla reputazione e al decoro delle due attrici e all'immagine della sig.ra Ponzone, dei diritti esclusivi di utilizzazione economica di RTI (anche ex art. 79 LdA) sui contenuti audiovisivi della serie animata "Kilari" nonché sull'immagine, il nome e la voce dell'artista Valentina Punzone ed altresì dei diritti sul marchio "Italia 1"; di inibire alle due convenute la futura violazione di tutti i diritti sopra citati in qualunque forma e con qualunque mezzo; di condannare le convenute al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali quantificati in euro 250.000, per la sig.ra Ponzone e in ulteriori euro 250.000,00 per RTI; di fissare una penale per ogni violazione e/o inosservanza successivamente constatata; di pubblicare la sentenza.

Si sono costituite in giudizio congiuntamente le società Facebook Inc. e Facebook Ireland Limited, le quali in via pregiudiziale hanno eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice italiano. Nel merito le due convenute hanno escluso la propria responsabilità ai sensi degli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 70/03, in relazione alla loro natura di hosting provider passivi, alla inidoneità delle diffide ricevute e alla mancanza di un ordine di rimozione emesso da una pubblica autorità; hanno poi negato la natura illecita delle condotte contestate da controparte invocando il diritto di critica e di satira e sostenendo che il mero linking di contenuti già liberamente accessibili, anche in assenza del consenso del titolare dei diritti, non costituiva di per sé violazione dei diritti di privativa dei rispettivi titolari; infine hanno eccepito l'inesistenza dei danni lamentati dalle attrici contestandone anche l'ammontare.

La causa è stata istruita attraverso l'acquisizione di documenti e, dopo essere stata trattenuta in decisione, è stata rimessa sul ruolo al fine di espletare una consulenza tecnica d'ufficio per la quantificazione del danno patrimoniale relativo alla lesione dei diritti d'autore rivendicati da RTI.

All'esito della consulenza la causa, all'udienza del 21/06/2018, sulle nuove conclusioni delle parti, è stata definitivamente trattenuta in decisione previa assegnazione del termine di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali ulteriori giorni venti per le repliche.

***

1. Le due società straniere convenute hanno eccepito in via pregiudiziale la carenza di giurisdizione del giudice adito, richiamando anzitutto l'articolo 3 della Legge n. 218/1995 (secondo cui il criterio generale per radicare la giurisdizione italiana è rappresentato dalla domiciliazione o dalla residenza, in Italia, del convenuto o dalla presenza nel nostro Paese di un rappresentante autorizzato ai sensi dell'articolo 77 c.p.c.) ed evidenziando che Facebook Inc. ha sede legale in California (USA) e non presenta in Italia alcun rappresentante autorizzato a stare in giudizio.

Le due convenute hanno poi sostenuto l'inapplicabilità degli altri criteri speciali di giurisdizione previsti dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, in considerazione del fatto che gli Stati Uniti d'America non sono firmatari di detta convenzione. Da ultimo hanno richiamato la disposizione di cui all'articolo 16 della "Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità" che regola l'utilizzo della piattaforma Facebook, nella quale è prevista la giurisdizione della Corte di Santa Clara Country in California.

L'eccezione è infondata.

La giurisdiziohe del giudice italiano sussiste in forza del criterio del forum commissi delicti stabilito dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 che opera anche per i Paesi non firmatari della convenzione (e quindi anche per gli Stati Uniti d'America), in quanto criterio che è stato recepito dalla legge n. 218/1995 e, pertanto, destinato ad operare oltre la sfera dell'efficacia personale della Convenzione.

In tal senso si sono più volte espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermando che "ai fini di determinare l'ambito della giurisdizione italiana rispetto al convenuto non domiciliato né residente in Italia, occorre applicare i criteri stabiliti dalle sezioni 2", 3" e 4" del titolo 2 della Convenzione, anche quando il convenuto stesso sia domiciliato in uno Stato non contraente della Convenzione" (così Cass. S.U. ord. 21.10.2009 n. 22239; cfr. anche Cass. S.U. ord. 27.2.2008 n. 5090; Cass. S.U. ord. 11.2.2003 n. 2060, Cass. S.U. 12-04-2012, n. 5765).

In particolare trova applicazione l'articolo 5 della Convenzione di Bruxelles secondo il quale: "Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente: [ ... ] 3) in materia di delitti o quasi-delitti davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto".

Le domande proposte dalle due attrici hanno ad oggetto l'accertamento della responsabilità extracontrattuale delle due convenute mediante condotte dagli effetti territorialmente plurioffensive, sicché assume rilievo decisivo il luogo dove l'evento lesivo si verifica.

Con specifico riferimento agli illeciti aquiliani commessi sulla rete internet, la prevalente giurisprudenza di merito anche di questo Tribunale ha stabilito che ai fini della giurisdizione non si deve dare rilievo al luogo del materiale 'caricamentò sul Server del danneggiante (che è soltanto potenzialmente generatore di danno), ma occorre aver riguardo al luogo in cui il danno materialmente si consuma con la diffusione dei dati digitali nell'area di mercato ove la parte danneggiata risiede o esercita la sua attività di impresa (cfr. Trib. Roma, sez. Imprese, n. 8437/2016 confermata in grado di appello, da C. App. Roma, n. 2833/2017).

Sul punto, anche la giurisprudenza di legittimità ha rilevato come il "luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto" debba essere interpretato quale luogo in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza aver riguardo al luogo ove si siano verificate, o potrebbero verificarsi, le conseguenze future di tale lesione (Cass.; Sez. Un., Ord. N. 28811/2011).

Tali principi sono in sintorlia con quanto stabilito in sede comunitaria dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la quale, ha da ultimo affermato che "per determinare il luogo in cui il danno si concretizza allo scopo di stabilire la competenza giurisdizionale sul fondamento dell'articolo 5 punto 3 del regolamento n. 44/2001, è privo di rilevanza il fatto che il sito Internet di cui trattasi nel procedimento principale non sia destinato allo Stato membro del giudice adito"; deve altresì ritenersi che "la concretizzazione del danno e/o il rischio di tale concretizzazione derivino dall'accessibilità, nello Stato membro del giudice adito, per mezzo del sito Internet cui si ricollegano i diritti fatti valere", sicché "la tutela dei diritti d'autore e dei diritti connessi al diritto d'autore accordata dallo Stato membro del giudice adito vale soltanto per il territorio del citato Stato membro, il giudice adito in base al criterio della concretizzazione del danno asserito è esclusivamente competente a conoscere del solo danno cagionato nel territorio di tale Stato membro" (sentenza del 22 gennaio 2015 nella causa C-441/13).

Ne discende allora che, non può darsi rilievo, né al luogo ave hanno sede le due società qui convenute, né a quello dei server dove gli utenti hanno caricato i file contestati, ma si debba far riferimento al luogo dove la) sig.ra Ponzone è residente e dove RTI esercita la propria attività di impresa perché è qui che si è consumato l'evento lesivo.

Da ultimo va esclusa anche l'applicabilità dell'art. 16 della - "dichiarazione dei diritti e delle responsabilità" che regola l'utilizzo della piattaforma Facebook, invocata dalle convenute, trattandosi di clausola che può avere ad oggetto solo eventuali controversie che riguardano diritti che sorgono dal rapporto contrattuale instaurato tra gli utenti e i titolari del portale e non anche azioni giudiziarie di natura extracontrattuale, come quella in esame, proposte da soggetti estranei al suddetto rapporto.

In definitiva, quindi, sussiste la competenza giurisdizionale del Giudice italiano e, in particolare, quella del Tribunale adito, essendo Roma la città in cui ha sede legale una delle due attrici (RTI) ed in cui potrebb'e ro essersi verificati gli effetti pregiudizievoli da essa lamentati.

2. Venendo al merito le domande proposte da RTI e dalla sig.ra Ponzone nei confronti delle convenute sono parzialmente fondate e devono essere accolte nei limiti di seguito precisati.

L'azione di responsabilità promossa dalle due attrici ha ad oggetto, da un lato, i diritti della persona rivendicati da entrambe (onore, reputazione, decoro ed immagine) e, dall'altro, i diritti di proprietà industriale e i diritti d'autore di cui la sola RTI si afferma titolare ed in particolare il diritto sul marchio "Italia 1" e i diritti esclusivi di utilizzazione economica sui contenuti audiovisivi della serie animata "Kilari" (prima e seconda stagione) Donché sull'immagine, il nome e la voce della sig.ra Ponzone, la quale ha realizzato, in collaborazione con la società attrice, la sigla di apertura del suddetto programma televisivo trasmesso attraverso la rete "Italia 1".

Sotto quest'ultimo profilo la legittimazione attiva di RTI non è stata specificamente contestata dalle convenute e, in ogni caso, dalla documentazione commerciale e contrattuale allegata in atti emerge la titolarità dei menzionati diritti in capo alla società attrice.

Quest'ultima, oltre ad aver documentato la sua qualità di concessionaria per l'esercizio dell'emittente televisiva "Italia 1" in forza di appositi decreti ministeriali (doc. 2) e di titolare dell'omonimo marchio (doc. 4), ha altresì dato prova di aver acquistato dalla società VIZ MEDIA LLC i diritti trasmissione e sfruttamento economico, in esclusiva per il territorio italiano, della serie di cartoni animati giapponesi dal titolo "Kilari", prima e seconda stagione (doc. 5). Allegati al fascicolo di parte attrice si rinvengono poi anche i contratti stipulati tra RTI e la sig.ra Ponzone (docc. 6 e 7), in forza dei quali è stata realizzata la sigla del suddetto programma televisivo con contestuale cessione dall'artista all'impresa produttrice di tutti i diritti di sfruttamento economico anche sul nome, l'immagine e la voce.

Va quindi riconosciuto in capo a RTI, in relazione al programma oggetto del presente giudizio, il diritto esclusivo di autorizzare sia la riproduzione integrale o in frammenti, secondo le modalità stabilite, che la loro messa a disposizione del pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento individualmente scelto, sicché la riproduzione effettuata da terzi senza la preventiva autorizzazione del titolare lede direttamente i suoi diritti esclusivi.

Non è oggetto di contestazione anzi, risulta implicitamente ammesso dalle convenuta, oltre che documentato dalla relazione peritale prodotta dall'attrice (doc. 20) e riscontrato dal consulente nominato da questo Tribunale che sul portale telematìco "Facebook" (di cui le convenute sono titolari) è stato creato un profilo telematica dal titolo "Valentina Ponzone nei panni di Kilari è assolutamente ridicola, nel quale è stata pubblicata una fotografia della sig.ra Ponzone e sono stati caricati due collegamenti ipertestuali (links) che conducevano alla visione di due sequenze di immagini tratte dalla citata serie animata "Kilari" trasmessa da RTI attraverso l'emittente "Italia 1". Sul medesimo profilo sono stati pubblicati i commenti di alcuni utenti che hanno rivolto alla sig.ra Ponzone le seguenti espressioni: "viados in minigonna", "sembra presa dal marciapiede, è una cosa rivoltante", "è uguale pazza e squilibrata!", "Vale Panzona, il cazzo è per te", "Troia zoccola Kilari, zoccola, troia, vacca zoccola".

Tra i commenti degli utenti pubblicati sul profilo in questione si rinvengono anche le seguenti dichiarazioni riferite alla società attrice: "Che roba vergognosa ... il montaggio non ha alcun senso ... E' una cosa rivoltante. Bisognerebbe prendere un bastone chiodato e picchiare non solo chi ha prodotto questo scempio, ma anche chi ha permesso...", "Che vergogna .. come si può produrre un'operazione del genere .. Che si vergognino a RTI music e Mediaset. Stanno sfasciando del tutto la fascia ragazzi".

Anzitutto va affermato l'inequivocabile carattere offensivo ed ingiurioso delle espressioni sopra riportate sicuramente non scriminate dal diritto di critica e di satira invocati dalle convenute. In proposito è sufficiente richiamare il costante orientamento nell'operare manifestazione giurisprudenziale della Suprema Corte che, nell'operare il corretto bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero garantita dall'art. 21 della Costituzione e i diritti fondamentali delle persona (quali la dignità, l'onore, il decoro, la riservatezza, l'identità personale e la reputazione) tutelati dagli artt. 2 e 3 della medesima Costituzione, ha più volte affermato che per l'applicazione della scriminante dell'esercizio del diritto è necessaria non solo la verità oggettiva del fatto, ma anche la correttezza dell'esposizione dello stesso (cosiddetta continenza), che consta di due aspetti, uno formale ed uno sostanziale, ciascuno dei quali deve ricorrere nel caso concreto perché l'esimente possa operare (cfr. tra le tante Cass. 23/07/2003 n. 11455 e Cass. 31/03/2007 n. 8065). Con specifico riferimento al diritto di critica la Corte di Cassazione ha precisato Che lo stesso "può essere esercitato utilizzando espressioni di qualsiasi tipo anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato" (Cass. 16/05/2008 n. 12420).

Ora, nel caso di specie, non può essere revocato in dubbio che le espressioni sopra menzionate travalichino il limite della continenza, in quanto si risolvono in aggressioni del tutto gratuite e distruttive dell'onore e della reputazione della sig.ra Ponzone, derisa per le sue caratteristiche fisiche, e dell'impresa RTI rimproverata per essersi avvalsa delle prestazioni della citata artista.

Parimenti illecita deve ritenersi la presenza sul profilo Facebook qui in contestazione di collegamenti ipertestuali (links) che conducevano alla visione di due sequenze di immagini tratte dalla citata serie animata trasmessa da RTI e segnatamente le immagini relative alla sigla iniziale.

Sul carattere illecito della pubblicazione di link di collegamento a portali terzi, in assenza di qualsiasi preventiva autorizzazione del titolare si è più volte espressa anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la quale ha affermato che "l'atto di collocare un collegamento ipertestuale verso un'opera illegittimamente pubblicata su Internet costituisce una «Comunicazione al pubblico» ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29" (sentenza del 26 aprile 2017 relativa al caso C-527/15) e che "la messa in rete di un'opera protetta dal diritto d'autore su un sito Internet diverso da quello sul quale è stata effettuata la comunicazione iniziale con l'autorizzazione del titolare del diritto d'autore deve ... essere qualificata come messa a disposizione di un pubblico nuovo di siffatta opera" (sentenza del 7 agosto 2018 relativa al caso C-161/17).

Dunque, la diffusione dei contenuti audiovisivi di cui RTI è titolare ,attraverso Facebook integra un'ipotesi di comunicazione ad un pubblico nuovo perché diverso da quello in origine autorizzato dall'attrice. Ed infatti i link pubblicati attraverso la pagina Facebook conducevano non a materiali pubblicati dalla stessa RTI attraverso la propria piattaforma telematica, bensì a materiale pubblicato attraverso un sito terzo (YouTube) non autorizzato da RTI alla diffusione dei materiali audiovisivi in questione.

Ne consegue che, in assen:qa di specifica autorizzazione di RTI, la messa a disposizione del pubblico (mediante link a portali terzi) della sigla televisiva della Serie Animata "Kilari" deve ritenersi indubbiamente illecita.

A questo punto occorre passare ad esaminare il punto più delicato della controversia ovvero l'accertamento della responsabilità delle convenute per aver concorso, quantomeno con la loro condotta omissiva, alle violazioni poste in essere dagli utenti che hanno fattivamente creato il profilo Facebook in contestazione e materialmente caricato i contenuti plurioffensivi qui denunciati.

Con riferimento a tale questione le convenute hanno invocato la Direttiva 31/2000/CE e il decreto legislativo attuativo n. 70/2003 che in materia di responsabilità degli internet service providers (ISP) dettano una disciplina derogatoria rispetto alla disciplina comune sulla responsabilità civile ex art. 2043 c.c .. Le convenute, in particolare, hanno eccepito l'esclusione della propria responsabilità ai sensi degli artt. 16 e 17, d.lgs. n. 70/03, in relazione alla loro natura di hosting provider passivo, all'assenza di una puntuale diffida e alla mancanza di un ordine di rimozione emesso da una pubblica autorità.

Al riguardo, si osserva innanzitutto che per internet service provi der si intendono quei soggetti che, operando nella società dell'informazione, forniscono liberamente servizi internet in specie servizi di connessione, trasmissione e memorizzazione dati anche attraverso la messa a disposizioni delle loro apparecchiature per ospitare i dati medesimi. Il provider è essenzialmente un intermediario che stabilisce un collegamento tra chi intende comunicare un'informazione ed i destinatari della stessa, di talché qualsiasi attività venga posta in essere sulla rete internet passa sempre attraverso l'intermediazione di un provider ed i dati transitano attraverso i server che lo stesso prestatore mette a disposizione per erogare i suoi servizi tanto di accesso (access provider) che di fornitura di email e di spazi web (hosting).

Al fine di armonizzare la regolamentazione dell'attività degli intermediari della comunicazione sulla rete internet, l'Unione europea ha approntato una dettagliata normativa (Direttiva sui servizi della società dell'informazione, in sul commercio elettronico, recepita in Italia con il d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70), riguardante la tutela dell'affidabilità delle transazioni, dei prestatori di servizi in rete, specifici requisiti, esenzioni di la disciplina dell'attività e prevedendo, in presenza di specifici requisiti, esenzioni di responsabilità a favore di alcuni prestatori per gli illeciti commessi dagli utenti tramite i loro servizi.

In considerazione della diversità dei servizi forniti dagli internet provider, la Direttiva, nella sezione dedicata alla "responsabilità dei prestatori intermediari", distingue, conformemente a quanto indicato nei "considerando", tre tipi di attività di intermediazione:

- prestatori di semplice trasporto (mere conduit art. 12): intermediazione che consiste nèl servizio di trasmettere, sulla rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione stessa. Tale servizio è caratterizzato dal fatto che la memorizzazione delle informazioni trasmesse in rete è assolutamente transitoria e dura lo stretto tempo necessario a consentire la trasmissione richiesta dall'utente;

- prestatori di servizi di memorizzazione temporanea (caching - art. 13): servizio di trasmissione, su una rete di comunicazione, di informazioni fornite da un destinatario del servizio, caratterizzato da una memorizzazione automatica e temporanea delle informazioni al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta;

- prestatori di servizi di memorizzazione di informazione (hosting art. 14): memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario, che, nella piattaforma Facebook, ha lo scopo di consentire la condivisione del materiale memorizzato con un numero indeterminato di altri utenti.

La regola di base prevede che gli internet service provider non siano responsabili delle informazioni trattate e delle operazioni compiute dagli utenti (destinatari) che fruiscono del servizio, salvo intervengano sul conte,nuto o sullo svolgimento delle stesse operazioni. Ed infatti, la normativa europea esclude espressamente un obbligo di monitoraggio preventivo e generalizzato, come pure un "obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite" (art. 15, Dir. 2000/31/CE).

Le ipotesi di esonero di responsabilità variano, invece, per i predetti intermediari in base alle diverse caratteristiche del servizio offerto e, in particolare, in virtù della diversa durata della memorizzazlone delle informazioni immesse dall'utente.

Ora, tralasciando in questa sede l 'attività di caching e la piùcircoscritta attività di mere conduit, e prendendo in considerazione la sola attività di hosting (alla quale deve essere ricondotta l'attività svolta dalle convenute), occorre far riferimento alla disciplina dettata dall'art. 16, comma l, d.lgs. n. 70/2003, che in attuazione di quanto previsto dall'art. 14 della direttiva europea, ha escluso la responsabilità dal prestatore, a condizione che il medesimo: "a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione. b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso".

Sul punto è bene precisare che le due ipotesi della disposizione di legge prese in considerazione dalla disposizione di legge sono tra loro alternative, nel senso che è sufficiente che non ricorra anche una sola di esse affinché il provider non sia esente da responsàbilità. Ed infatti, il testo normativa adottato dal legislatore italiano deve essere interpretato conformemente a quanto statuito dalla Corte di Giustizia con riferimento alla direttiva a cui il d.lgs. n. 70/2003 ha dato attuazione. Ebbene la CGUE ha affermato che, anche in riferimento al semplice prestatore di un servizio dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio medesimo (cd. hosting passivo), va esclusa l'esenzione di responsabilità prevista dall'art. 14 della) Direttiva, 31/2000 quando lo stesso "dopo aver preso conoscenza, mediante un'informazione fornita dalla persona lesa o in altro modo, della natura illecita di tali dati o di attività di detti destinatari abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l'accesso agli stessi", così sancendo il principio secondo il quale la conoscenza, comunque acquisita (non solo se conosciuta tramite le autorità competenti o a seguito di esplicita diffida del titolare dei diritti) dell'illiceità dei dati memorizzati fa sorgere la responsabilità civile e risarcitoria del prestatore di servizi (sentenza del 23.03.2010, relativa alle Cause riunite da C-236/08 a C-238/08 - Google es. Louis Vuitton).

Tale principio è stato poi ribadito anche in una successiva sentenza in cui la CGUE ha precisato che, affinché l'hosting provider sia considerato al corrente dei fattl o delle circostanze che rendono manifesta l'illegalità del contenuto imffiesso sul portale telematica, è sufficiente "che egli sia stato al "corrente di fatti o di circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l'illiceità di cui trattasi" (sentenza del 12.07.2011 nella causa C-324/09).

Il principio di responsabilità del provi der collegato all'effettiva conoscenza ancorché acquisita ex post della natura illecita dei contenuti caricati sui propri server costituisce il giusto punto di equilibrio tra i vari diritti protetti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: da una parte, quelli di cui godono i titolari di diritti d'autore, dall'altra, la libertà d'impresa dei fornitori di accesso a internet, e il diritto degli utenti di ricevere o comunicare informazioni.

Rilevante, sul punto, appare anche il considerando 48 della Direttiva n. 31/2000, il quale prevede la possibilità, per gli Stati membri, di chiedere ai prestatori di servizi che detengono informazioni fornite dai destinatari del loro servizio, di adempiere al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da loro ed è previsto dal diritto nazionale, al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite.

In tal caso, l'obbligo di intervento protettivo e di rimozione dei contenuti illeciti non è preventivo e indiscriminato, ma subentra .solo successivamente (ex post) alla puntuale indicazione dei titoli dei programmi tutelati da diritti esclusivi del titolare leso ed è limitato ai singoli contenuti preesistenti sul telematica. La conoscenza dell'illiceità dei dati memorizzati, comunque acquisita (anche mediante un'informazione fornita dalla persona lesa), fa sorgere la responsabilità civile e risarcitoria del prestatore di servizi.

Applicando il principio delineato dalla Corte di Giustizia sopra richiamato si deve, quindi, ritenere che l'effettiva conoscenza del provider - ancorché acquisita ex post - della natura illecita dei contenuti caricati sui propri server è sufficiente ad integrare la responsabilità di quest'ultimo, non essendo necessario attendere un provvedimento di rimozione emanato da una pubblica autorità, ·come infondatamente sostenuto dalle convenute.

L'inerzia protratta in modo ingiustificato è sempre fonte di responsabilità, indipendentemente ed ancor prima dall'esistenza di un ordine dell'Autorità, come ripetutamente affermato dalla Corte di Giustizia.

La dimostrazione dell'effettiva conoscenza dei contenuti illeciti da parte del provider rende altresì del tutto irrilevante verificare se l'attività svolta da quest'ultimo sia riconducibile alla figura dell'hosting provider attivo (ossia a quella del provider che opera forme di intervento volte a sfruttare i contenuti dei singoli materiali caricati dagli utenti e memorizzati sui propri server: c.d. content-provider) ovvero a quella dell'hosting provider passivo che, invece, assume una posizione del tutto neutrale rispetto alle informazioni immesse dagli utenti.

Ed infatti anche il cd. hosting provider passivo non appena ricevuta la notizia dell'illecito commesso dai fruitori del suo servizio, deve attivarsi al fine di consentire la pronta rimozione delle informazioni illecite immesse sul sito o per impedire l'accesso ad esse, in quanto egli è tenuto a svolgere la propria attività economica nel rispetto di quella diligenza che è ragionevole attendersi per individuare e prevenire le attività illecite specificamente denunciate.

Tornando al caso in esame occorre anzitutto verificare se le due convenute siano state adeguatamente messe a conoscenza dei contenuti illeciti caricati sul profilo Facebook sopra descritto, con la conseguente insorgenza di un obbligo attivo di intervento per impedire la prosecuzione dell'attività illecita.

Sotto questo profilo la parte convenuta ha contestato l'idoneità delle diffide prodotte da controparte, sostenendo che le stesse non siano sufficientemente dettagliate in quanto non contengono gli URL dei commenti censurati.

L'eccezione è del tutto priva di pregio giuridico.

Ed in vero a prescindere dal fatto che l'indicazione dell'URL costituisCe un dato tecnico che non coincide con i singoli contenuti lesivi presenti sulla piattaforma digitale, ma rappresenta soltanto il "luogo" dove i contenuti sono reperibili e, quindi, non costituisce un presupposto indispensabile per la loro individuazione, si deve comunque rilevare che nel caso in esame già la prima diffida datata 26/2/2010 (doc. 11 del fascicolo di parte attrice) non soltanto fornisce informazioni specifiche sui contenuti illeciti, ma contiene anche l'indicazione dell'URL relativo alla pagina web di apertura del profilo Facebook in contestazione. Si tratta della pagina attraverso la quale era possibile iscriversi al "gruppo" appositamente creato, leggere i commenti indirizzati alle due attrici ed infine visionare, attraverso i link, alcuni contenuti audiovisivi della serie animata "Kilari".

Risulta, quindi, provato che le società convenute sono state adeguatamente rese edotte dei contenuti illeciti del profilo in contestazione e nonostante le diffide reiterate con le lettere del 17/3/2010, del 25/3/2010, del 2/4/2010 e dell'8/4/2010 (docc. 13, 14, 15 e 16), hanno scientemente omesso di disabilitare l'accesso ai contenuti in questione che sono stati rimossi dopo quasi due anni. A fronte delle evidenti risultanze documentali, le convenute non hanno fornito, in via alternativa, valida dimostrazione del fatto di essersi trovate nella situazione giuridica oggettiva di non conoscibilità ex post dei contenuti illeciti segnalati da parte attrice.

In conclusione, dunque, essendo stato accertato che le titolari del portale Facebook non hanno adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili nel caso di specie per impedire la diffusione illecita dei contenuti e che, quindi, non hanno agito secondo la diligenza che può essere ragionevolmente richiesta all'hosting provider, deve concludersi per l'accertamento della responsabilità delle due convenute a titolo di cooperazione colposa mediante omissione, per la violazione dei diritti della persona di entrambe le attrici e dei diritti autorali spettanti a RTI anche ex art. 7 9 LDA in relazione ai contenuti audiovisivi della serie animata "Kilari" ivi inclusi i diritti di immagine ad essa ceduti dalla sig.ra Ponzone per la realizzazione della relativa sigla.

Va, invece, esclusa l'ulteriore violazione, affermata da RTI, dei diritti sul marchio da essa registrato, dovendosi sul punto evidenziare che le convenute non si sono mai appropriate del segno distintivo della · società attrice per commercializzare o pubblicizzare propri servizi o, prodotti, essendo palese che il marchio "Italia 1", presente sui brani audiovisivi in contestazione, si riferisce, appunto, a programmi di RTI.

In definitiva vanno, quindi, accertati e dichiarati gli illeciti denunciati nell'atto di citazione e la lesione dei diritti rivendicati dalle due attrici ad esclusione del diritto sul marchio ''Italia 1".

Benché le convenute abbiano già da tempo provveduto alla rimozione del profilo Facebook in contestazione, va comunque accolta la domanda di inibitoria, assolvendo detta misura anche ad una funzione preventiva rispetto a nuovi illeciti che potrebbero verificarsi in futuro.

Passando ad esaminare le domande risarcitorie anzitutto va riconosciuto il danno non patrimoniale rivendicato dalla sig.ra Ponzone per la lesione dell'onore, del decoro e della reputazione.

Trattandosi di diritti assoluti della personalità di rango costituzionale deve ritenersi che la loro semplice violazione sia in re ipsa produttiva di danno a prescindere dall'accertamento in concreto del reato di diffamazione, i cui elementi costitutivi risultano comunque, almeno astrattamente, integrati.

La liquidazione di siffatto danno non può che avvenire in via equitativa, tenuto conto delle particolarità del caso concreto.

Ebbene proprio in considerazione della incontestabile gravità delle offese pubblicate, dello strumento di pubblicazione utilizzato (internet), del tempo di permanenza delle pubblicazioni offensive (circa due anni) e, di contro, della limitata notorietà della persona offesa, appare equo quantificare il danno patito dalla sig.ra Ponzone in euro 15.000,00 al valore attuale della moneta.

Per la quantificazione del danno patrimoniale derivante dalla lesione "dei diritti d'autore spettanti ad RTI, invece, si deve aver riguardo alla previsione di cui all'art. 158, comma 2, LdA in forza del quale "il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile.

Il lucro cessantè è valutato dal giudice ai sensi dell'art. 2056 secondo comma del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria, sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti".

In mancanza di prova specifica sugli utili realizzati dal contraffattore in violazione del diritto, occorre dare prevalenza al criterio del c.d. "prezzo del consenso", individuato sulla base dell'importo dei diritti che parte convenuta avrebbe dovuto riconoscere a parte attrice qualora l'autrice delle violazioni avesse preventivamente richiesto l'autorizzazione per l'uso dei diritti esclusivi in questione.

A tal fine è stata disposta ed espletata una consulenza tecnica d'ufficio, attraverso la quale è stato demandato al CTU l'accertamento del tempo di permanenza complessi va sul portale "Facebook" dei due brani audiovisivi in contestazione, della durata degli stessi e del valore delle royalties per l'utilizzo di detti brani.

In relazione al primo quesito il CTU ha accertato che il tempo di permanenza dei brani contestati sul portale Facebook è stato di circa due anni. Il consulente ha potuto verificare la data di caricamento presente sul portale (14/1/2010), ma non anche la data di rimozione che, secondo quanto riferito dalla parte convenuta, risale al 9 dicembre 2011, mentre la parte attrice la posticipa al gennaio del 2012.

Con riferimento al secondo quesito il CTU, pur segnalando l'impossibilità di verificare puntualmente la durata di ciascuno dei due brani audiovisivi, in considerazione del fatto che gli stessi erano stati ormai rimossi dal portale, ha evidenziato che detta durata può essere desunta dalle schermate iniziali dei due filmati (screenshot) presenti nella relazione peritale prodotta da parte attrice (doc. 20}: sulla base di tali elementi ha, quindi, accertato che la durata del filmato "Ponzone 001.mov" era pari ad 1 minuto ""e 20 secondi e la durata del filmato "Ponzone 002.mov" era pari a 3 minuti e 13 secondi, per un totale complessivo di 4 minuti e 33 secondi che può essere arrotondato a 5 minuti.

In relazione al terzo quesì to il CTU preliminarmente ha evidenziato la difficoltà di individuare dei parametri economici perfettamente adattabili al mercato dello streaming video su internet che si caratterizza per una costante evoluzione dei profili e per un continuo riadattamento dei modelli di business.

Ciononostante il consulente ha comunque individuato un corrispettivo fisso da riconoscere per l'utilizzo dei brani audiovisivi in contestazione e a tal fine si è avvalso dei contratti prodotti dalle parti aventi ad oggetto accordi transattivi o accordi commerciali conclusi da RTI con la RAI o con altri operatori del mercato televisivo o dei portali web. In particolare il CTU ha fatto riferimento a tre contratti (ritenuti maggiormente comparabili) ed effettuando una media dei corrispettivi ivi previsti ha stimato un corrispettivo di euro 809,50 per ogni minuto di utilizzo, con la precisazione che si tratta di un importo previsto per licenze annuali.

Le conçlusioni del CTU sopra riportate, fondate su adeguate indagini e sopportate da un iter logico e argomentativo convincente ed esente da censure, devono essere pienamente condivise e fatte proprie da questo Tribunale.

Pertanto, tenuto conto del tempo di permanenza dei video (circa 2 anni) e della durata complessiva dei brani (5 minuti) e considerato che è ragionevole supporre che in una libera negoziazione vengano previsti rinnovi annuali (come disciplinato nei contratti depositati in atti), il "prezzo del consenso" può essere così determinato: 809,50 euro/minuto x 5 minuti x 2 anni =8.095,00 euro.

Ad RTI devono essere poi liquidati anche i danni non patrimoniali per la lesione dell'onore, del decoro e della reputazione conseguenti alle frasi offensive sopra esaminate (per la configurabilità di siffatto danno anche per le persone giuridiche cfr. Cass. 04/06/2007 n. 12929). Procedendo in via equitativa il danno non patrimoniale va liquidato in misura pari ad eu.ro 7. 500, UO tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto già sopra evidenziate per la sig.ra Ponzone, rispetto alla quale va rilevata la minore offensività delle espressioni riferite alla società attrice.

In definitiva, le due società convenute devono essere condannate, in solido, a risarcire alla sig.ra Ponzone la somma di euro 15.000,00 e ad RTI l'ulteriore somma di euro 15.595,00 da ritenere, sempre in via equitativa, già, rivalutate all'attualità.

Dalla data della sentenza saranno dovuti gli interessi legali sulla sorte capitale attuale.

Infine vanno disposte anche le misure accessorie richieste dalle attrici.

Ai fini di una maggiore efficacia l'inibitoria deve essere accompagnata dalla penale prevista dall'art. 156 LdA che appare congruo fissare in euro 1.000,00 per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata.
In considerazione della protrazione dell'illecito e della tipologia del danno arrecato alle attrici, va accolta anche la richiesta di pubblicazione del dispositivo della sentenza, a cura delle attrici e a spese delle convenute, nelle edizioni cartacee e on-line de "Il Corriere della sera" e nella home page del portale "www. facebook. com".

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Le spese di CTU, già liquidate in corso di causa, devono essere poste definitivamente a carico di parte convenuta.

In forza di quanto previsto dall'art. 59 lett. d) del DPR n. 131/1986 la presente sentenza deve essere registrata a debito in quanto gli illeciti sopra accertati possono astrattamente configurare un'ipotesi di reato (cfr. in tal senso Cass. 14/3/2007 n. 5952) secondo quanto previsto dall'art. 60 secondo comma del DPR n. 131/1986 l'imposta prenotata a debito deve essere recuperata nei confronti delle due convenute quali parti obbligate al risarcimento del danno.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, ogni altra istanza, difesa ed eccezione disattesa, cosi provvede:

- accerta gli illeciti denunciati nell'atto di citazione e la lesione dei diritti rivendicati dalle due attrici ad esclusione del diritto sul marchio "Italia 1";
- inibisce a Facebook Inc. e Facebook Ireland Limited la futura violazione dei diritti oggetto di causa perpetrata in qualunque forma e con qualunque mezzo;
- condanna Facebook Inc. e Fàcebook Ireland Limited, in solido tra loro, a risarcire a Valentina Ponzone la somma di euro 15.000,00 oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;
- condanna Facebook Inc. e Facebook Ireland Limited, in solido tra loro, a risarcire a Reti Televisive Italiane S.p.A. la somma di euro 15.595,00 oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;
- fissa la somma di euro 1.000,00 per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata dell'inibitoria sopra statuita;
- dispone che il dispositivo della presente sentenza sia pubblicato, a cura delle attrici ed a spese delle convenute, a aaratteri doppi del normale nelle edizioni cartacee e on-line del quotidiano "il Corriere della Sera" nonché nella Home page del portale telematica "www.facebook.com";
- condanna le due convenute, in solido, a rifondere alle attrici le spese legali liquidate in euro 458,00 per esborsi ed euro 7.254,00 per compensi professionali oltre accessori di legge;
- pone le spese di CTU definitivamente a carico di parte convenuta;
- dispone, ai sensi del combinato disposto degli artt. 59 lett. d) e 60, secondo comma pel DPR n. 131/1986, che l'imposta per la registrazione della presente sentenza prenotata a debito sia recuperata nei confronti delle due società convenute responsabili in solido.

Roma, lì 30/01/2019

25.02.2019 Spataro
sistemaproprietaintellettuale.iy


Eseguire la procedura di hashing sulle informazioni del cliente
Provvedimento 8 giugno 2023 [9909907] Fidelity card Facebook retargeting Durata - Decisione anonimizzata
014 Tinder e Facebook: come ridurre la condivisione di dati personali tra i servizi online
107 Breach: 500 milioni di utenti Facebook svelati - cosa controllare
176 Phishing con le pentole in offerta vendute da Amazon via Facebook
200 Schrems con l'EDPB - Meta non puo' piu' profilare, nemmeno con il consenso
206 Meta sanzionata in Irlanda - ma tocca subito le aziende italiane con newsletter, landing pages, tessere fedeltà e profilazione clienti
Our Response to the Decision on Facebook’s EU US Data Transfers | Meta
Data Protection Commission announces conclusion of inquiry into Meta Ireland
1.2 billion euro fine for Facebook as a result of EDPB binding decision



Segui le novità in materia di Facebook su Civile.it via Telegram
oppure via email: (gratis Info privacy)





dallo store:
visita lo store








Dal 1999 il diritto di internet. I testi sono degli autori e di IusOnDemand srl p.iva 04446030969 - diritti riservati - Privacy - Cookie - Condizioni d'uso - in 0.092