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Osservatorio sul diritto e telecomunicazioni informatiche, a cura del dott. V. Spataro dal 1999, 9266 documenti.

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Diritto d'autore 03.04.2017    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Tar su Agcom e diritto d'autore: legittimo, seconda

Pubblicato il 30/03/2017

N. 04100/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02184/2014 REG.RIC.
Spataro

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2184 del 2014, proposto da: 
ANSO - Associazione Nazionale della Stampa Online, F.E.M.I. - Federazione Media Digitali Indipendenti e Open Media Coalition, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Guido Scorza, Ernesto Belisario e Maria Laura Salvati, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via dei Barbieri, 6; 

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
ASSONET - Associazione Nazionale Imprese Settore Telecomunicazioni e Informatica, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Maria Sole Montagna, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Velletri, 10; 
ad opponendum: 
- Società Italiana Autori ed Editori (S.I.A.E.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Amendola, Stefano Astorri, Maurizio Mandel, prof. Aristide Police e prof. Massimo Luciani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Mandel in Roma, v.le della Letteratura, 30; 
- Confindustria Cultura Italia – Federazione Italiana dell’Industria Culturale, nonché Nuovo Imaie – Nuovo Istituto per la Tutela dei Diritti degli Artisti Interpreti Esecutori, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Alessandro Botto, Gilberto Nava e Filippo Pacciani, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via XX Settembre, 5;

per l'annullamento, previa sospensiva,

1) della Delibera n. 680/13/CONS adottata dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in data 12 dicembre 2013, pubblicata il 18 dicembre 2013;

2) del "Regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70" allegato alla delibera n. 680/13/CONS;

3) di ogni altro atto antecedente, precedente o successivo comunque presupposto o connesso ai provvedimenti impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, con i relativi allegati;

Visto l’atto di intervento “ad adiuvandum” di ASSONET - Associazione Nazionale Imprese Settore Telecomunicazioni e Informatica nonché gli atti di intervento “ad opponendum” di S.I.A.E., Confindustria Cultura Italia – Federazione Italiana dell’Industria Culturale e Nuovo Imaie, con i relativi allegati;

Vista l’ordinanza collegiale di questa Sezione n. 10016/2014 del 26.9.2014;

Vista la sentenza della Corte Costituzionale n. 247 del 3.12.2015;

Vista l’ordinanza collegiale della Sezione Terza di questo Tribunale n. 5192/2016 del 5.5.2016;

Viste le memorie difensive e l’ulteriore documentazione prodotta in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2017 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, la ANSO, la F.E.M.I. e Open Media Coalition - quali, rispettivamente, associazione cui aderiscono circa 90 tra web-tv, micro web-tv, micromedia iperlocali, blog e video blog, portali informativi e aggregatori di video contenuti operante in ambito regionale, nazionale e internazionale, associazione che opera a livello nazionale che rappresenta oltre 80 imprese attive nel settore della c.d. “stampa online”, associazione apartitica ed indipendente impegnata nella promozione, nella salvaguardia e nella difesa del diritto inalienabile alla libertà d’informazione nonché al pluralismo e all’indipendenza dei media - chiedevano l’annullamento, previa sospensione, della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) indicata in epigrafe, e dell’allegato “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” che ne era oggetto.

Ripercorrendo la successione delle fasi procedimentali che avevano portato all’adozione del provvedimento in questione, le associazioni ricorrenti si soffermavano, dapprima, sulla propria legittimazione a ricorrere e, successivamente, illustravano le doglianze avverso gli atti impugnati, lamentando, in sintesi, quanto segue.

“1. Incompetenza assoluta – Violazione dell’art. 21-septies legge n. 241/1990 – Violazione e falsa applicazione art. 1 legge n. 249/1997 – art. 2 legge n. 481/1995 – d.lgs. n. 259/2003 – legge n. 633/1941 – artt. 14, 15, 16 d.lgs. n. 70/2003 – d.lgs. n. 177/2005 – Incompetenza relativa – Eccesso di potere per arbitrarietà, difetto di istruttoria e ponderazione, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento rispetto al fine che l’amministrazione deve perseguire”.

L’AgCom aveva nella sostanza introdotto nell’ordinamento, in carenza di potere, un procedimento speciale e “paragiurisdizionale” per l’accertamento delle violazioni dei diritti di autore “online” e per l’adozione di provvedimenti idonei a porvi fine con carattere definitivo - fattispecie peraltro già disciplinata dalla legge che prevedeva azioni da promuoversi dinanzi all’Autorità Giudiziaria – ponendosi del tutto fuori dal perimetro disegnato dalla normativa primaria (che era richiamata anche sotto il profilo dell’incompetenza relativa) e dai suoi presupposti nonché dalla legalità costituzionale e comunitaria.

2. Violazione di legge – Violazione art. 156 legge n. 633/1941 – Eccesso di potere per arbitrarietà, difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti”.

Il Regolamento impugnato conteneva una disciplina relativa ad una materia già oggetto di altra noma di rango primario, quale la legge n. 633/1941 sul “diritto d’autore”, nel testo in vigore in seguito al d.lgs. n. 140/2006, e, almeno parzialmente, in evidente contrasto con essa, laddove imponeva di ricorrere al solo giudice amministrativo avverso le specifiche determinazioni dell’AgCom, mentre la richiamata disciplina riservava la competenza esclusiva sulla intera materia all’a.g.o. Ne derivava la conseguenza di dare luogo a incertezza interpretativa e ad orientamenti discordanti nonché l’impossibilità di trasferimento dell’azione in sede giudiziaria ordinaria da parte di persone diverse dal segnalante, stante la ivi prevista competenza vincolante dell’Autorità di settore.

3) Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione art. 25 Costituzione – Violazione del principio del Giudice naturale precostituito per legge – Violazione e falsa applicazione art. 156 legge n. 633/1941 – Violazione d.lgs. n. 158/2003 – Eccesso di potere per arbitrarietà e illogicità manifesta, difetto dei presupposti”.

Le associazioni ricorrenti evidenziavano, sotto un altro profilo, che l’effetto del Regolamento impugnato era, in sostanza, quello di sottrarre al suo giudice naturale chiunque fosse coinvolto nel procedimento per violazione del diritto d’autore, destinato ora a celebrarsi dinanzi all’AgCom invece che all’a.g.o.

4) Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione art. 11 Carta di Nizza – Violazione del principio di certezza del diritto e prevedibilità dei rapporti giuridici – Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e sviamento”.

Il Regolamento in questione, con l’ordinare ai soli prestatori di servizi (di “hosting” o “accesso a Internet”) di impedire e porre fine alla violazione del diritto d’autore e non anche all’“uploader”, gestore della pagina e gestore del sito Internet, oltre a dare luogo a difficoltà operative, trasferiva in capo al suddetto prestatore di servizi il rischio di bloccare l’accesso ad un novero di contenuti ulteriori rispetto a quelli oggetto di originaria contestazione, con conseguente responsabilità nei confronti degli autori di opere estranee alla contestata violazione.

Inoltre non era considerata nel Regolamento in esame la circostanza nella quale si rendesse necessario disabilitare un blocco preventivamente disposto dalla stessa AgCom.

Ne conseguiva, per le ricorrenti, una questione di rilevanza comunitaria in ordine alla violazione della libertà di comunicazione di cui all’art. 11 della Carta di Nizza, da sottoporre al vaglio della Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE.

5) Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione art. 10 carta EDU – Violazione art. 21 Costituzione – Eccesso di potere per arbitrarietà ed ingiustizia manifesta”.

Dal contesto del Regolamento in questione emergeva che si era dato luogo a limitazione alla libertà di comunicazione – attiva e passiva – mediante un provvedimento amministrativo e non un atto avente forza di legge, in contrasto e comunque contraddittorietà con la precedente scelta legislativa di riservare all’a.g.o., con sue sezioni specializzate, la competenza a conoscere di ogni controversia connessa alla violazione del diritto d’autore.

“6) Violazione di legge – Violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990 – Violazione art. 97 Costituzione – Violazione del giusto procedimento – Violazione del principio del contraddittorio – Violazione della normativa comunitaria – Eccesso di potere per sviamento e travisamento dei presupposti in fatto e diritto”.

Il regolamento impugnato non chiariva come considerare da parte dell’AgCom “irrintracciabili” l’autore del contenuto e/o il responsabile della sua pubblicazione (c.d. “uploader”), dovendo dare comunicazione dell’avvio del procedimento a costoro solo se, appunto, “rintracciabili”, fermo restando che, se rintracciati, era concesso un termine esiguo di cinque giorni, abbreviabile a 72 ore, per formulare controdeduzioni, che era del tutto inidoneo a garantire il diritto degli interessati ad un giusto procedimento, con conseguente questione di compatibilità comunitaria, per la quale pure le ricorrenti chiedevano la rimessione alla Corte di Giustizia.

Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata, rilevando l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse e la sua infondatezza.

Promuovevano rituali interventi “ad opponendum” i soggetti richiamati in epigrafe – S.I.A.E., Confindustria Cultura Italia – Federazione Italiana dell’Industria Culturale e Nuovo Imaie – i quali evidenziavano la propria legittimazione e la infondatezza dei motivi di ricorso; in particolare la S.I.A.E. eccepiva la mancata notifica del ricorso nei propri confronti, quale soggetto controinteressato “necessario” il cui intervento non sanava il difetto processuale, e che allegava un parere di illustre giurista a sostegno dell’impostazione delle proprie tesi. Inoltre, l’interveniente in questione eccepiva anch’essa la carenza di legittimazione attiva delle parti ricorrenti e la loro carenza di interesse, per ritenuta assenza di lesività diretta e immediata del Regolamento impugnato.

La trattazione cautelare, su istanza di parte, era rinviata a quella di merito.

In seguito, proponeva rituale intervento “ad adiuvandum” l’ASSONET, evidenziando la sua legittimazione in virtù della appartenenza ad essa anche di “Hosting providers”, da considerare quali possibili destinatari dei provvedimenti di rimozione selettiva o inibizione all’accesso di cui all’ordine dell’AgCom, secondo il Regolamento impugnato, e rimarcando che tale Regolamento poteva generare un grave rischio di cancellazione automatica di attività riconducibili a libere manifestazioni del pensiero, costituzionalmente tutelate.

In prossimità della pubblica udienza del 25 giugno 2014, le parti depositavano memorie, anche di replica, a confutazione delle tesi avversarie ed a sostegno delle proprie; inoltre, si affiancava ai precedenti un nuovo difensore per la SIAE e, alla suddetta data, la causa era trattenuta in decisione.

Con l’ordinanza collegiale richiamata in epigrafe, questa Sezione interlocutoriamente pronunciando, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, e degli artt. 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, nonché del comma 3 dell’art. 32 bis del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, in relazione agli articoli 2, 21, 1 e 4 comma, 24 e 41 nonché in relazione agli articoli 21, 2, 3 e 4 comma, 24 e 25, 1 comma, della Costituzione, disponendo la sospensione del giudizio e ordinando l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Quest’ultima si pronunciava sulla questione con la sentenza pure in epigrafe richiamata.

In essa concludeva dichiarando l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale come prospettate dal giudice remittente.

Il giudizio era quindi riassunto dai ricorrenti in data 8 gennaio 2016 ed era fissata nuova udienza pubblica di trattazione avanti alla Sezione Terza di questo Tribunale, in prossimità della quale le intervenienti e l’AgCom depositavano ulteriori memorie illustrative.

Con l’ordinanza collegiale riportata in epigrafe, la suddetta Sezione disponeva la trasmissione del fascicolo di causa a questa Sezione, che si era già pronunciata in udienza pubblica sulla fattispecie, secondo l’interpretazione del decreto del Presidente di questo Tribunale n. 173 del 2015 che ripartiva le competenze “per materia” tra le diverse sezioni del T.A.R. Lazio.

La trattazione di merito era quindi fissata avanti a questa Sezione per la data dell’8 febbraio 2017, in prossimità della quale SIAE e Assonet depositavano ulteriori memorie (la prima anche “di replica”).

A tale udienza pubblica, infine, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ai fini di un inquadramento generale della fattispecie, il Collegio ritiene utile sintetizzare che essa ha tratto origine dall’intervento dell’AgCom in materia di tutela del diritto d’autore in riferimento ai contenuti diffusi sulle reti di comunicazione elettronica, con la finalità di offrire agli autori di opere digitali una protezione dalle violazioni di tale diritto poste in essere sulla “rete internet”.

A tal fine, quindi, con la deliberazione n. 452/13/CONS, l’Autorità aveva avviato una consultazione pubblica su uno “Schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70”, a cui avevano partecipato peraltro molti esponenti di settore, inviando le proprie osservazioni.

All’esito di tale consultazione, l’Autorità adottava la deliberazione conclusiva n. 680/13/CONS, qui impugnata con il suo allegato A, recante il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” (Regolamento).

Le principali previsioni ivi contenute, per quanto rileva nella presente sede, possono essere così sintetizzate: a) il titolare di un diritto d’autore che ritenga che la propria opera digitale sia stata resa disponibile su una pagina internet in violazione della Legge sul diritto d’autore può presentare una istanza all’Agcom, chiedendone la rimozione (art.1, comma 1); b) avviato il procedimento istruttorio nei confronti dei prestatori di servizi e, ove rintracciabili, del soggetto che ha reso disponibile il contenuto sul web (cd. “uploader”) e del gestore della pagina e del sito internet, questo si può concludere con l’archiviazione ovvero, se ritenuta sussistente la violazione del diritto d’autore o dei diritti connessi, con l’adozione di provvedimenti impositivi nei confronti dei prestatori di servizi, consistenti nella rimozione selettiva delle opere, ovvero nella disabilitazione dell’accesso alle suddette opere ovvero, ancora, nella disabilitazione dell’accesso al sito stesso (cfr. art. 8).

Premesso ciò e passando ad esaminare il gravame, preliminarmente il Collegio ribadisce la non condivisibilità delle eccezioni proposte dalla difesa dell’AgCom e dalla SIAE - in ordine alla ritenuta insussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire delle parti ricorrenti nonché in ordine alla mancata notificazione del ricorso nei suoi confronti - per quanto già anticipato, a fini di “rilevanza” della questione di costituzionalità, nell’ordinanza di rimessione alla Consulta richiamata in epigrafe.

Si rinnova, quindi, l’osservazione secondo la quale le prime due associazioni ricorrenti, a vario titolo, rappresentano web-tv, micro web-tv, micromedia iperlocali, blog e video blog, portali informativi e aggregatori di video contenuti operanti in vari ambiti territoriali, imprese attive nel settore della c.d. “stampa online” mentre la terza risulta statutariamente impegnata nella promozione, nella salvaguardia e nella difesa del diritto alla libertà d’informazione e di prodotti e servizi (anche diversi da quelli sospettati di violazione del diritto d’autore e per i quali la violazione non è stata comunque fino a quel momento accertata da alcun organo giurisdizionale).

A tutte le associazioni ricorrenti, perciò, è riconducibile un interesse “collettivo” e “omogeneo” di tutti i rappresentati, nonché immediato e diretto, ad impugnare il Regolamento in epigrafe, che contiene prescrizioni potenzialmente suscettibili di pregiudicare in via immediata i diritti di tutti gli associati ovvero della associazione di rappresentanza di “uploader”, gestori di pagine “web” e di siti internet, anche anteriormente alla impugnabilità di un (futuro) singolo atto interdittivo da parte dell’associato specificamente leso, fermo restando che, se anche l’ordine di rimozione fosse diretto agli “access” o agli “host providers”, tali associati ne subirebbero comunque le conseguenze negative di inaccessibilità del “sito”.

Deve tenersi conto, in proposito, che il Regolamento in questione prevede che l’AgCom - peraltro in qualità di amministrazione vigilante e non di autorità indipendente come sarà evidenziato in prosieguo - possa unilateralmente accogliere le istanze proposte (e reiterabili senza limiti) da privati proprietari di diritti di proprietà intellettuale e delle loro associazioni di rappresentanza, quali la SIAE, disponendo la rimozione di contenuti dal “web” o l’interdizione dell’accesso ad interi siti, con la conseguenza che i diretti destinatari del regolamento impugnato si vedono, quindi, costretti a modificare subito la propria organizzazione imprenditoriale per rispondere agli obblighi di monitoraggio e di intervento diversi ed ulteriori rispetto a quelli attuali, senza avere parametri certi e oggettivi in specifici settori (come accade, invece, ad esempio, per la c,d, “pedopornografia” e per la tutela dei minori dal gioco d’azzardo non autorizzato), laddove le violazioni del diritto d’autore possono essere trasversalmente riferite ad ogni prodotto e servizio offerto sui siti informatici ed il loro accertamento può avere confini incerti e variabili, dovendosi procedere alla comparazione con il prodotto o servizio oggetto di proprietà intellettuale altrui e dovendosi separare la violazione dagli usi invece leciti, riferiti ad esempio all’esercizio del diritto di citazione e di critica ed ai casi di opere tradizionali e di pubblico dominio ovvero messe a disposizione del pubblico dallo stesso autore.

Nel Regolamento impugnato è dunque effettivamente riconoscibile una capacità lesiva immediata di interessi unitari di determinate categorie di soggetti rappresentati dalle ricorrenti, con conseguente legittimazione e interesse a ricorrere (Cons. Stato, Sez. V, 29.1.99, n. 69 e 1.7.02, n. 3568).

In secondo luogo, non può condividersi neanche l’eccezione di mancata notifica del ricorso alla SIAE, quale asserito soggetto controinteressato “necessario”, in quanto - in virtù del principio di presunzione di legittimità, operante a livello comunitario e costituzionale - alla normativa che attribuisce compiti di tutela del diritto d’autore alla SIAE non può, comunque, essere ricondotta alcuna posizione di appartenenza obbligatoria dei titolari di opere d’ingegno alla SIAE stessa, né alcuna esclusiva della SIAE medesima nella rappresentanza dei loro interessi e nelle azioni di contrasto alla c,d “pirateria”, quale oggetto diretto del Regolamento impugnato, potendo il procedimento relativo essere indifferentemente attivato dai privati interessati o da qualsiasi ente da essi delegato, restando meramente volontaria ed eventuale la partecipazione della SIAE, che può quindi essere in questa sede – sì - legittimata all’intervento in giudizio, quale soggetto terzo, ma non può essere considerata soggetto controinteressato “necessario” secondo la sua ricostruzione orientata a ritenere l’inammissibilità “in limine” del ricorso.

Non è pertinente, in proposito, il richiamo operato nell’ultima memoria difensiva dell’AgCom all’esito di un ricorso straordinario presentato da operatore televisivo satellitare avverso il medesimo Regolamento, venendo nell’odierna controversia in rilievo il - diverso e più specifico - interesse degli appartenenti alla categoria rappresentata dagli enti associativi, che, in quanto tale, a differenza di singoli operatori, può essere ritenuto immediatamente leso dalle prescrizioni regolamentari impugnate.

Passando all’esame del merito del gravame, il Collegio rileva la sua infondatezza.

Anche in questo caso e in assenza di ulteriori deduzioni difensive delle parti ricorrenti dopo la riassunzione del giudizio, il Collegio richiama quanto già anticipato, ai fini di rilevanza, nell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale sopra evidenziata.

Si ribadisce, quindi, l’infondatezza dei primi tre motivi di ricorso, in quanto il procedimento amministrativo delineato nel Regolamento impugnato e censurato dalle parti ricorrenti non risulta, in realtà, orientato a perseguire la violazione “primaria” del diritto d'autore, tutelato in via diretta dalle norme richiamate dalle ricorrenti, il cui accertamento rimane comunque di esclusiva competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria.

Infatti, il procedimento amministrativo promosso dall'AgCom e regolamentato con il provvedimento impugnato e il procedimento innanzi all'a.g.o. si svolgono su (e riguardano) piani distinti e separati, ferma restando la disciplina giuridica sul “commercio elettronico”, di cui anche alla direttiva 2000/31/CE, che individua la vigilanza dell’Autorità di settore sugli intermediari anche (evidentemente) a tutela del diritto d'autore “online”.

Sotto tale profilo, alla stregua delle norme delegate (aventi valore di legge) di riferimento, non risulta alcuna incompetenza dell’Autorità intimata né alcuna sottrazione al giudice naturale in materia di tutela diretta del diritto d’autore, così come non si rinviene alcun trasferimento dalla sede giudiziaria ordinaria a quello amministrativa della stessa materia, in quanto le competenze restano divise in base al criterio già individuato dalla predetta normativa primaria.

Ciò perché il Regolamento impugnato riconosce valore specifico all'adeguamento spontaneo del soggetto destinatario della comunicazione di avvio del procedimento specifico - con la conseguente archiviazione del procedimento – prevedendo che, in caso contrario, l'Autorità possa ordinarne la rimozione dei contenuti ovvero la disabilitazione dell'accesso alle opere digitali, ai prestatori di servizi (“hosting”), i quali potranno essere sanzionati non già per una violazione del diritto d'autore, ma per 1'eventuale inottemperanza al predetto ordine dell'AgCom, per la cui delibazione è individuabile, come giudice “naturale”, quello amministrativo.

Inoltre, il raccordo tra il procedimento amministrativo e quello giudiziario operato dal Regolamento impugnato, ritenuto anche per questo aspetto illegittimo dalle parti ricorrenti, risulta viceversa conforme, e comunque, non in contrasto rispetto alle predette norme di legge, con la conseguente reiezione delle doglianze dedotte al riguardo.

Anche per quel che riguarda il quarto motivo di ricorso, il Collegio ne rileva la relativa infondatezza, in quanto, secondo la vigente normativa comunitaria e nazionale, gli “ISP” ben possono essere destinatari di provvedimenti dell'Autorità di vigilanza diretti a limitare le “esternalità negative” della loro attività economica, come già accade, ad esempio, in relazione ai giochi illegali “online”.

Per linearità espositiva, poi, il Collegio rileva l’infondatezza anche del sesto motivo di ricorso, non potendosi lamentare la violazione del principio del contraddittorio, che contraddistingue il processo o tutt’al più un procedimento amministrativo di natura contenziosa, laddove nel caso di specie si è al cospetto di un procedimento di natura meramente amministrativa, caratterizzato dal principio della partecipazione procedimentale, che deve essere bilanciato con le eventuali ragioni d’urgenza rappresentabili dall’Autorità, considerata anche la specifica modalità di trasmissione dati sul “web”, pressoché istantanea.

Ne deriva che la previsione di termini brevi(ssimi) legittimamente riflette la necessità di assicurare efficacia e certezza alle situazioni giuridiche tutelate, in un ambito digitale che, come detto, impone tempestività o anche immediatività degli interventi amministrativi a tutela del diritto d'autore, proprio per garantirne l'efficacia nel medesimo ambito di operativa pressoché “in tempo reale”, con conseguente improspettabilità di questione interpretativa eurocomunitaria, come auspicato dalle parti ricorrenti.

Residua infine l’esame del quinto motivo di ricorso, correlato alla già avvenuta sottoposizione della ricordata questione di legittimità costituzionale, rispetto ai quali la relativa ordinanza di rimessione aveva ravvisato profili di non manifesta infondatezza.

Nello specifico, si rileva che l’ordinanza di rimessione, dopo avere ricostruito il quadro giuridico di riferimento e avere desunto la sussistenza del potere di Agcom di adottare il regolamento impugnato, aveva sollevato incidente di costituzionalità in relazione alla possibile illegittimità “dell’art. 5, comma 1, e degli artt. 14, comma 3. 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, nonché del comma 3 dell’art. 32 bis del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici approvato con decreto legislativo n. 117 dei 2005, come introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo n. 44 del 2010, sulla cui base è stata adottata la impugnata “Delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013” recante il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative” e l’ “Allegato A” alla predetta Delibera, per la violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, sanciti dagli articoli 2, 21, 1 comma, 24 e 41 della Costituzione, nonché per la violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per la violazione del principio del giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa, con la conseguente violazione degli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25, comma 1, della Costituzione.

La Corte ha dichiarato l’inammissibilità delle questioni sottoposte, in quanto “l’ordinanza nel suo insieme non chiarisce sufficientemente se intende ottenere una pronuncia ablativa o una pronuncia additivo-manipolativa”.

Per quel che rileva ai fini del motivo di ricorso in questione, il Collegio richiama la pronuncia della Corte laddove afferma che “…è evidente che nessuna delle disposizioni impugnate, in sé considerata, dispone specificamente l’attribuzione all’autorità di vigilanza di un potere regolamentare qual è quello esercitato con l’approvazione del regolamento impugnato nei due giudizi davanti al TAR. Esso è desunto dal giudice a quo, in forza di una lettura congiunta delle previsioni sopra esaminate, che non risulta coerentemente o comunque adeguatamente argomentata”.

Sulla base di tale argomentazione, il Collegio ritiene di ricavare quanto segue.

In primo luogo, l’affermazione della Corte deve essere contestualizzata alla luce della ricostruzione normativa riportata, per cui, lungi dall’affermare l’insussistenza del potere regolamentare di Agcom, la Corte ha riscontrato, “incidenter tantum”, solo una non sufficiente argomentazione nell’ordinanza “de quo” in ordine alla individuazione del fondamento normativo del potere di Agcom ma ciò, tuttavia, non equivale a un sostanziale avallo da parte della Corte alle tesi delle parti ricorrenti, che sono anzi smentite dalla lettura sistematica delle norme in esame.

Occorre muovere dall’art. 1 l. n. 249/1997 che, nell’istituire l’Autorità per le garanzia nelle comunicazioni, le attribuisce competenze regolamentari “nel rispetto delle norme dell'Unione europea, per la disciplina delle relazioni tra gestori di reti fisse e mobili e operatori che svolgono attività di rivendita di servizi di telecomunicazioni” (comma 6, lett. b, n. 3) ovvero per garantire “l'applicazione delle norme legislative sull'accesso ai mezzi e alle infrastrutture di comunicazione” (comma 6, lett. c, n. 2).

In tale ambito, di particolare rilevanza è l’art. 1, comma 6, lett. b), n. 4-bis l. cit., che affida all’Autorità “i compiti attribuiti dall'articolo 182-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni”, sul diritto di autore.

La suddetta previsione normativa della legge sul diritto d’autore riveste un’importanza centrale al fine dell’individuazione della fonte attributiva del potere regolamentare e di vigilanza dell’Autorità.

La norma attribuisce ad Agcom e SIAE “nell'ambito delle rispettive competenze previste dalla legge”, e al fine di prevenire ed accertare le violazioni della legge sul diritto di autore, precipui compiti di vigilanza.

La circostanza che tali compiti si estendano anche al settore delle comunicazioni “via internet” si ricava da una lettura coordinata del citato art. 182-bis con le disposizioni normative del d.lgs. n. 70/2003.

In particolare, gli articoli 14, 15, 16 e 17 del citato decreto, nel disciplinare contenuti e limiti della responsabilità del prestatore di servizi nell’esercizio delle attività di semplice trasporto delle informazioni (“mere conduit”), di memorizzazione temporanea (“caching”) e di memorizzazione duratura di informazioni (“hosting”), attribuiscono anche i poteri ordinatori spettanti al riguardo alle competenti Autorità (giudiziaria e amministrativa).

Da un lato, il prestatore di servizi non è soggetto a un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite (cfr. art. 17, comma 1); inoltre non è responsabile delle informazioni memorizzate e/o trasmesse (cfr. artt. 14, 15 e 16).

Tuttavia, al fine di garantire tutela efficace del diritto d’autore, il prestatore è tenuto a collaborare con l’autorità giudiziaria o “quella amministrativa avente funzioni di vigilanza” nel caso in cui venga a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un destinatario dei suoi servizi.

In particolare, il predetto soggetto “è comunque tenuto a informarne immediatamente l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza”, rispondendo del fatto che ove richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non abbia agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto” (cfr. art. 17); in questo ambito, gli può; anche venire richiesto di intervenire per rimuovere dal sito le informazioni illecite o disabilitarne l’accesso (artt. 14, 15 e 16, ult. Co.).

Dunque, una visione sistematica delle norme richiamata fa emergere la sussistenza in capo all’AgCom di compiti di regolamentazione e di vigilanza nel settore del diritto d’autore che possono anche consentirle di impedire l’accesso a determinati contenuti resi disponibili sulla rete internet per il tramite di un prestatore di servizi.

Inoltre, la ricostruzione sopra individuata non è messa in discussione dalla previgente esistenza, nel sistema di tutele approntato dalla legge, di un meccanismo di cd. “private enforcement”, disciplinato all’art. 156 della legge sul diritto di autore, che prevede una azione inibitoria esperibile innanzi al giudice ordinario dal titolare del diritto leso che intenda impedire la commissione o la reiterazione della violazione compiuta su materiale coperto dal diritto d’autore.

Infatti, è lo stesso art. 156 che al secondo comma fa espressamente salve le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003. n. 70, così introducendo un meccanismo di tutela a “doppio binario”, che si affianca al tradizionale rimedio inibitorio quello di “pubblic enforcement” e attraverso il quale l’Autorità amministrativa è autorizzata ad adottare provvedimenti recanti l’ordine di rimozione dei contenuti del web o di oscuramento dei siti, immediatamente precettivi nei confronti degli operatori della rete.

Una lettura sistematica delle disposizioni normative sin qui richiamate, quindi, conferma la sussistenza dei poteri regolamentari esercitati dall’AgCom e di quello di vigilanza, nei confronti dei prestatori di servizi, da esercitarsi anche con l’imposizione di misure volte a porre termine alle violazioni della disciplina sul diritto d’autore, attraverso rimedi che si pongono in concorrenza e non in sostituzione di quelli già attribuiti all’Autorità giudiziaria.

Né vi sono margini per riproporre la questione di costituzionalità sotto altra prospettiva.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2015 ha infatti chiarito che, da un lato, una mera declaratoria di incostituzionalità a seguito di una pronuncia di tipo ablatorio non è consentita, in quanto finirebbe per espungere dall’ordinamento disposizioni che riguardano, o aspetti sostanziali della disciplina delle comunicazioni elettroniche, o l’attribuzione all’AgCom di funzioni e poteri che devono esserle necessariamente conferiti.

D’altro canto, neppure poteva essere chiesta alla Corte una pronuncia esclusivamente di tipo additivo.

Giova sul punto rammentare che l’ordinanza di rimessione aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale “per la violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, sanciti dagli articoli 2, 21, I comma, 24 e 41 della Costituzione, nonché per la violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per la violazione del principio del giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa, con la conseguente violazione degli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25, comma 1, della Costituzione”.

Le pronunce additive, come noto, presuppongono una inerzia del legislatore a cui la Corte pone rimedio, aggiungendo alle norme sottoposte al suo sindacato una soluzione adeguatrice che consegue necessariamente al giudizio di legittimità. La Corte, quindi, rimedia ad una lacuna normativa integrando la norma sottoposta al suo controllo attraverso l’utilizzo di principi già presenti nell’ordinamento e dei quali il legislatore avrebbe dovuto tenere conto.

Una simile pronuncia non può, tuttavia, essere richiesta in relazione alle norme sopra indicate, non essendo ricavabile nell’ordinamento l’esistenza di un principio giuridico che obblighi il legislatore ad equiparare il regime del trattamento delle comunicazioni elettroniche con quello previsto dalla stampa.

Deve, inoltre, rammentarsi come le norme in questione rispondono ad esigenze di tutela del diritto d’autore e, quindi, rappresentano un presidio posto a tutela di plurimi valori costituzionali. Tra questi sono annoverati gli stessi articoli 21 e 41 della Costituzione, in quanto la protezione dell’opera dell’ingegno è posta a presidio dell’esercizio della libertà di espressione dell’individuo e del diritto di sfruttare economicamente il frutto della propria creatività.

La norma stessa prevede tale esercizio di potere in capo all’Autorità di settore, per cui non si ravvisa alcuna violazione della disciplina costituzionale come prospettata dalle parti ricorrenti, una volta pronunciatasi la Corte sulla precedente remissione.

Conclusivamente, il potere regolamentare di Agcom è stato, nella specie, validamente esercitato e la disciplina delle modalità di esercizio delle funzioni di vigilanza dell’Autorità nel settore delle comunicazioni elettroniche, descritta nel regolamento impugnato, non presenta ulteriori profili di incostituzionalità che debbano essere sottoposti al Giudice delle leggi.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento.

Sussistono comunque eccezionali motivi per la compensazione integrale delle spese di lite, attesa la novità della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Rosa Perna, Presidente FF

Ivo Correale, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Ivo Correale   Rosa Perna
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

03.04.2017 Spataro



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