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Sequestri 14.06.2012    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Diffamazione e sequestri di siti - UPD

Facile sequestrare anche un intero sito o renderlo inaccessibile. Ma cosa rischia il querelante che dimentica di contestare puntualmente i fatti ?
Spataro

 

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D

Dopo Vajont, Indymedia. Prima ancora, in modalità diversa, il sito denunciato da Vasco Rossi per pagine non satiriche ma solo offensive nei confronti di una persona.

Pare che una multinazionale abbia chiesto al giudice di inibire i provider italiani di consentire l'accesso a determinati siti di Indymedia. E l'ha ottenuto. Fulzio Sarzana ne dà notizia, mancano attualmente documenti per conoscere le ragioni, non solo il dispositivo.

Il tema è sempre quello, ma acquista sfumature nuove. Vediamole.

 

CONTENUTI DEGLI UTENTI

Ci sono siti in Italia che lasciano più o meno libertà agli utenti, registrati o meno, di lasciare post.

Siamo intrisi di cultura americana e del diritto di parola, ma i limiti costituzionali americani non sono gli stessi italiani. Qui la libertà è meno ampia, pur riconosciuta in linea di principio.

Diciamolo: la responsabilità resta nei due sistemi. Solo qui è possibile fermare la stampa più facilmente.

Alcuni siti sono testate giornalistiche, altri no. Alcuni riprendono contenuti giornalistici, altri diffondono contenuti degli utenti.

Gli avvocati si muovono in modi simili: denunciano il gestore della piattaforma e chiedono la chiusura della piattaforma.

La direttiva ecommerce afferma senza dubbi che, senza contestazione, non vi è obbligo di controllo, quindi nemmeno resposabilità penale. Fino alla contestazione.

Ma molti avvocati partono senza contestazioni.

 

AGIRE PENALMENTE SENZA CONTESTARE

Bisogna, a questo punto, sottolineare che denunciare qualcuno o chiedere il sequestro dell'attivita', in tutto o in parti, deve essere fondato per il semplice motivo che, in caso di rigetto, il querelante risponde dei danni che il querelato chiedera'. Non ci sarà più un se, ma solo un quanto.

Tuttavia non solo si agisce sempre più spesso penalmente senza contestare, ma per la chiusura dell'intera attività o sezione del sito.

Raramente si chiede la rimozione del singolo contenuto.

Altri episodi furono a carico di associazioni di consumatori che lasciavano insultare la religione in nome della libertà di parole. Furono condannate perchè i gestori rifiutarono di rimuovere i contenuti e non educarono i propri visitatori al rispetto del prossimo, oltre che alla liberta'.

I rischi di tali scelte processuali molto aggressive sono evidenti, e noti. Ma non fanno notizia perchè normalmente non si parla delle strategie processuali.

E' sempre possibile rimuovere il singolo contenuto. Basta chiederlo. Il gestore della piattaforma non è resposnabile pernalmente. Se non lo si chiede e si ottiene un provvedimento che poi si rivela infondato ne risponde il cliente. Che potrà rivalersi sul proprio avvocato per non avergli spiegato le conseguenze.

Talvolta vi è il dubbio che tali azioni, palesemente infondate per la semplice mancanza di una semplice contestazione, come vorrebbe buon senso, sembrano invece motivate per far conoscere il caso, ed aumentarne la eco ed aumentare i danni a carico del querelante.

Cose che pero', non si dicono.

 

QUINDI ?

La novità è che sempre più spesso si sceglie di non contestare all'interessato le proprie asserite ragioni, ma si chiede direttamente un provvedimento dai notificare agli internet service provider italiani per inibire l'accesso ad un ip o dominio.

Quindi, non solo manca la contestazione, ma si chiude la città per un incidente in una strada secondaria.

Tutti sanno benissimo che il gestore di un sito può rimuovere la singola pagina, sezione o parola in qualsiasi momento. Chiudere l'intero sito per una singola pagina è sproporzionato e giudici che concedono questi provvedimenti dovrebbero verificare il fumus boni iuris nella sua interezza, provvedendo in modo adeguato per la parte specificamente contestata.

La netta sproporzione tra le richieste ancora non è stato oggetto di pronunce. Il tema è nuovo e non tutti sanno che si possono chiedere i datnni per il semplice fatto che non sono mai stati contestati (elencado puntualmente) i contenuti contestati.

Bisogna quindi aspettare che il processo iniziale finisca (presumibilmente in Cassazione) per poi agire e chiedere i danni per una misura sproporzionata.

Ma l'aspetto che dovrebbe far riflettere gli avvocati è la giurisprudenza che indica la responsabilità del professionista che non indica i rischi e non si fa autorizzare sul punto.

Se non può provare l'autorizzazione, il querelante che sarà chiamato a rispondere dei danni citerà il professionista per manlevarlo.

Si può essere aggressivi. A volte si deve. Non sappiamo se nei casi sopra indicati vi sia stata una regolare contestazione.

Chiedere il sequestro di un ip senza la normale contestazione sembra assurdo. Dover ricordare che esistono leggi è umiliante, visto che è quello che normalmente si imparava durante il praticantato. Vecchi tempi, naturalmente.

Che poi si debbano eseguire gli ordini dei giudici, non vi è dubbio. Quando qualcuno diffama ne risponde personalmente. E che ben venga, gli abusi vanno sanzionati.

Si chiamano bacheche elettroniche. La Cassazione in modo unitario si è già espressa sul punto.

 

AGGIORNAMENTO

E' stato chiesto il riesame davanti al tribunale della liberta'. Il testo non è stato reperito online.

Il tribunale ha preso atto che il gestore aveva già rimosso i contenuti, quindi il provvedimento di inibizione degli ip presso i provider (detto "sequestro") mancava dei presupposti.

Purtroppo non vi è indicazione sul tema rilevante: se, pur potendo bloccare una singola pagina, sia senza conseguenze anche civili l'inibizione di accedere integralmente ad un sito (o meglio un ip, dimenticando che sullo stesso ip ci sono di norma vari siti.

14.06.2012 Spataro



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