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Operazioni non autorizzate sui conti correnti ? Le misure di sicurezza devono essere adeguate.

Tribunale di Palermo, Sez. III Civ., 12 Gennaio 2010

"Invero, la società convenuta non impedendo a terzi di introdursi illecitamente nel sistema ha cagionato un danno ai propri risparmiatori, quale titolare del trattamento dei dati personali."

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"PIN richiesto era di sole 4 cifre, mentre l’identificativo utente corrispondeva all’indirizzo e-mail di poste italiane del cliente"

- Photo courtesy by Spataro


Spataro

 

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(

(G.O.T. Dott.ssa Spiaggia)

...

Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene redatta in conformità al disposto di cui all’art. 132 cpc novellato dalla legge n. 69/2009, per come espressamente previsto dalle disposizioni transitorie.

Con atto di citazione notificato a messo posta l’8 aprile 2008 i sigg.ri (omissis) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la società Poste Italiane al fine di sentire dichiarare non autorizzata e pertanto non dovuta l’operazione del 27 aprile 2005 dell’importo di € 6.000,00 dal conto n.  , ritenere e dichiarare che le Poste Italiane spa, responsabile del prelievo illecito e fraudolento oggetto di causa a titolo di responsabilità contrattuale e anche ex art. 2050 c.c., o, subordinatamente, in via extracontrattuale: ove ritenuti applicabili alla fattispecie, si chiede altresì di dichiarare nulli, in quanto vessatori, gli artt. 1.6 e 2.1 delle condizioni contrattuali indicate da parte convenuta, in conseguenza condannare le Poste Italiane al pagamento nei confronti degli attori in via solidale, o alternativa, della somma di € 6.000,00, oltre interessi legali (con applicazione della regola dell’anatocismo ex art. 1283 c.c.) e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Con comparsa, depositata il 9.07.2008, si costituiva in giudizio la società Poste Italiane contestando tutte le domande formulate nei suoi confronti, chiedendo di ritenere e dichiarare la responsabilità di parte attrice, per non avere custodito i codici personali in dispregio alle condizioni contrattuali del servizio Banco Posta on line (art. 2, comma 4); conseguentemente, ritenere e dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 c.c., che nessuna somma gli attori hanno diritto ad avere riconosciuta a titolo di risarcimento del danno, per il gravissimo comportamento negligente; ritenere e dichiarare infondate e/o inammissibili le domande di parte attrice basate su presupposti di fatto e di diritto errati; ritenere e dichiarare che nulla è tenuta a corrispondere la società Poste Italiane, per alcun titolo, ragione o motivo ai sigg.ri (omissis) in ogni caso, ritenere e dichiarare che obbligata verso gli attori è soltanto ed esclusivamente la (omissis), in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui dovesse essere dichiarata la responsabilità di Poste Italiane, ritenere e dichiarare il diritto della stessa di rivalersi nei confronti della (omissis) e conseguentemente condannare quest’ultima a tenere indenne Poste Italiane da qualunque somma dovesse essere condannata a pagare a parte attrice, condannare quest’ultima a tenere indenne Poste Italiane da qualunque somma dovesse essere condannata a pagare a parte attrice, condannare controparte alle spese, competenze ed onorari.

Instaurato il giudizio, rigettate le richieste istruttorie ed acquisita della documentazione la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.

In ordine alla domanda di regresso, formulata dalla convenuta Poste Italiane, nei confronti della (omissis), nessuna valutazione in ordine alla suddetta può essere effettuata, posto che la predetta domanda appare improponibile ex art. 166 c.p.c., essendosi detta convenuta costituita tardivamente.

Se è vero, infatti, che il combinato disposto degli artt. 167, 2° comma e 171, 2° comma c.p.c., nel prevedere una preclusione per la parte convenuta che si costituisca oltre il termine di venti giorni prima dell’udienza, allude letteralmente alle sole domande riconvenzionali, è vero anche che una domanda che si rappresenti come “nuova” rispetto a quella proposta dalla parte attrice, ha lo stesso effetto ampliativo del “tema della decisione” che si riconnette ad una domanda riconvenzionale (ed anche ad una “chiamata di terzo”, attività pur essa non consentita al convenuto che si costituisca tardivamente): ha un effetto, dunque, al cospetto del quale devono potersi attivare le medesime esigenze alle quali la disciplina del c.d. “nuovo rito civile” ha inteso corrispondere nel concepire la norma che impedisce la proposizione di domande riconvenzionali (o le chiamate di terzo) alle parti convenute che non si costituiscono nel termine di cui all’art. 166 c.p.c., esigenze che sono quelle - assolutamente essenziali nel sistema dell’attuale processo civile, ed a maggior ragione oggi alla luce del principio della “ragionevole durata del processo” che trova espressione nell’art. 11 Cost. - della “immediatezza” e della “concentrazione” del processo, tali che il legislatore reputa appunto necessario che fin dalla prima udienza di comparizione il “te,a della decisione” sia compiutamente definito. Questo risultato si raggiunge soltanto ove si ritenga, sulla scia dell’opinione della più accorta dottrina, che l’effetto di un progressivo ampliamento del “tema della decisione” va impedito applicando anche alle domande “nuove” la disciplina che in combinato discende dalle previsioni degli artt. 166, 167 e 171 c.p.c.: nel caso di specie il termine di decadenza per la chiamata in causa del terzo e per la proposizione di domande riconvenzionali da parte del convenuto vale anche nel caso di domanda di garanzia svolta dal convenuto contro altro convenuto già presente in causa, perché non vi è motivo in questo caso di derogare al disposto dell’art. 269, comma 2 c.p.c., che stabilisce un termine perentorio a fini di speditezza processuale, e perché è necessario consentire al convenuto di svolgere in tempo utile le proprie conseguenti difese.

Quindi, la domanda di rivalsa, spiegata dalla società Poste Italiane, volte ad ottenere la condanna della (omissis) al pagamento delle spese di giudizio, nonché di essere tenuta indenne da ogni condanna risarcitoria inerente al presente giudizio, sono inammissibili posto che la convenuta si è costituita solamente in data 9 luglio 2008 (udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della causa fissata in atto di citazione il 14 luglio 2008) decadendo dalla possibilità di proporre “domande nuove”.

Nel merito, la domanda spiegata dagli attori va accolta.

Dalla documentazione versata in atti, risulta che i (omissis) erano titolari del conto corrente Banco Posta n.   abilitato all’operatività on line, in data 27 aprile 2005 dal predetto conto era stato eseguito un bonifico di € 6.000,00 a favore di (omissis)

Tale operazione non venne autorizzata dagli attori, ma da costoro disconosciuta (cfr. reclami nn.    e   e denunce prodotti nel fascicolo di parte attrice).

La documentazione allegata da Poste Italiane, oltre ad essere stata disconosciuta dagli attori con la memoria ex art. 183 VI comma cpc, nulla dimostra in ordine alla regolarità dell’operazione di bonifico trattandosi di fogli che non presentano alcuna intestazione o sottoscrizione, senza indicazione di alcun autore o data certa, gli unici dati relativi alla loro provenienza attengono ad un numero di fax di una certa società “Nuovi Canali”.

Costituisce regola generale quella secondo cui il creditore che agisce in giudizio sia per l’adempimento sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere di dimostrazione del fatto estintivo costitutivo dell’adempimento (Cass. Sez. UN. 30.10.2001 n. 13533).

Nel caso di specie gli attori hanno provato l’esistenza del rapporto obbligatorio in forza del quale agiscono ed allegato l’inadempimento della convenuta, dal canto suo le Poste Italiane nulla hanno dimostrato in ordine al corretto adempimento delle proprie obbligazioni.

Le Poste Italiane si sono limitate ad affermare labilmente che il correntista “potrebbe aver fornito a terzi” i codici e chiavi di accesso ai servizi dispositivi, indicando le misure di sicurezza predisposte per evitare l’accesso al sistema, senza spiegare e giustificare le ragioni della loro idoneità ad impedire l’accesso.

Invero, il sistema predisposto dalla società convenuta non appare adeguato alla tecnologia esistente, invero, l PIN richiesto era di sole 4 cifre, mentre l’identificativo utente corrispondeva all’indirizzo e-mail di poste italiane del cliente (nel caso di specie (omissis)@posteitaliane.it), pertanto, facilmente ricavabile.

Infine, contrariamente a quanto previsto contrattualmente la società convenuta non ha dato conferma, a mezzo posta elettronica dell’avvenuto bonifico, di cui l’(omissis) ebbe conoscenza solamente il 3 maggio successivo.

La Poste richiamano, poi, l’art. 2, comma 4 della sezione G delle condizioni contrattuali del servizio BPOL, inerente la riservatezza dei codici di accesso.

Tale articolo non può trovare applicazione nel caso in esame, poiché non è dato sapere se la copia delle condizioni generali prodotte dalla società convenuta sia quella consegnata agli attori, non essendovi alcuna sottoscrizione da parte degli stessi, né se si tratti delle condizioni vigenti all’epoca della conclusione del contratto.


Va, parimenti, ritenuta applicabile al caso di specie la previsione di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 196/2003, la quale statuisce che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.

Invero, la società convenuta non impedendo a terzi di introdursi illecitamente nel sistema ha cagionato un danno ai propri risparmiatori, quale titolare del trattamento dei dati personali.

Ed ancora l’art. 31 del d.lgs. n. 196/2003 impone che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

In applicazione dei predetti principi, le Poste avrebbero dovuto adottare tutte le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire danni, come quelli verificatisi in capo agli attori, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge, posto che la diligenza richiesta deve essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione inerisce all’esercizio di un’attività professionale.

Nel caso in esame, nessuna prova è stata fornita ed il sistema adottato dalla convenuta appare inadeguato se raffrontato con quello adoperato da altri operatori, cui successivamente la stessa società convenuta si è conformata.

Alla luce delle pregresse argomentazioni le domande formulate dagli attori vanno accolte con la consequenziale condanna della società Poste Italiane spa al pagamento della somma di € 6.000,0, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale, commisurandoli alla somma medesima rivalutata di anno in anno sino all’effettivo soddisfo.

Va, in ultimo, rilevata l’inapplicabilità dell’anatocismo, in quanto l’art. 1283 c.c., che contempla i casi in cui gli interessi scaduti possono produrre ulteriori interessi, riguarda solo le obbligazioni di valuta, e pertanto non è estensibile ai debiti di valore, quali quelli dovuti a titolo di risarcimento del danno (Cass. civ. , Sez. III, 19/03/1990, n. 2296; Cass. n. 5423/1992).

In ragione del criterio legale della soccombenza, vanno poste a carico della convenuta le spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il G.O.T., in funzione di giudice di Tribunale in composizione monocratica, ogni contraria istanza ed eccezione respinta e definitivamente pronunciando,

- in accoglimento delle domande proposte dai (omissis) con atto di citazione dell’11.04.2008 condanna le Poste Italiane spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento della somma di € 6.000,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale, commisurandoli alla somma medesima rivalutata di anno in anno, sino all’effettivo soddisfo;

- condanna le Poste Italiane spa al pagamento delle spese processuali sostenute dagli attori, che si liquidano, d’ufficio, in complessivi € 2.795,43 di cui € 197,43 per esborsi, € 1003,00 per diritti, € 1.595,00 per onorari, oltre rimborso forfetario spese generali in ragione del 12,5% su competenze ed onorari ex art. 14 tariffa professionale, oltre I.V.A. e C.P.A.;

 

Così deciso in Palermo 20 dicembre 2009

Il G.O.T.

dott.ssa Chiara Francesca Maria Spiaggia

 

Depositata in cancelleria addì 12 gennaio 2010

17.06.2010 Spataro



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