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Sez. 1, Sentenza n. 8304 del 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Alfredo ROCCHI - Presidente -
Dott. Giovanni OLLA - Consigliere -
Dott. Gian Carlo BIBOLINI - Consigliere -
Dott. Ugo VITRONE - Consigliere -
dott. Giuseppe Maria BERRUTI - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
S.I.A.E. - SOCIETÀ ITALIANA DEGLI AUTORI E DEGLI EDITORI -,
in persona del Commissario Straordinario pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA V.LE DELLA LETTERATURA
30, presso l'avvocato AMEDEO NICOLAI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati DELEDDA MARIA GRAZIA,
PAOLO SPADA, giusta procura speciale per Notaio Nicodemo
Operamolla di Roma rep. 33522 del 19.12.1994;
- ricorrente -
contro
A.N.I.D. - ASSOCIAZIONE NAZIONALE INSEGNANTI DI DANZA,
... GIORGIA, ... LIA, ... ALDO MARIO,
... ADRIANA in FALVO, S... di ...
... ANNA & ... PATRIZIA & C. Snc, SCUOLA DANZA
... E MODERNA - CLASSIC ... di ... ALESSANDRA
& C. Snc, SCUOLA di DANZA ... ANNA ... Srl, SCUOLA
di DANZA ... Srl, ASSOCIAZIONE SCUOLA di DANZA
..., SCUOLA di DANZA ... ADRIA, ... ALBERTO,
DI ... VARINI ..., ... SILVIA, ... EMANUELA
PATRIZIA, ... GIOVANNA, ... LILIANA, ... RITA,
... LUIGI, ... ... STUDIO Snc di ... BRUNO &
... VIRGILIO, ... MARIA GRAZIA, ASSOCIAZIONE STUDIO
DANZA di ..., ... GIUSEPPINA;
- intimati -
e sul 2 ricorso n 03214/95 proposto da:
A.N.I.D. ASSOCIAZIONE NAZIONALE INSEGNANTI di DANZA, in
persona del Presidente pro tempore, ... ALBERTO titolare
del CENTRO STUDI di DANZA ..., ... LIA titolare
della SCUOLA di DANZA ... LIA, ... ALDO MARIO,
... FRANCO, ... ALFREDO, ... DANIELA, tutti
quali unici soci e legali rappresentanti della SCUOLA di
DANZA ... ADRIA, ... MARIA GRAZIA titolare della
SCUOLA di DANZA ... ... GRAZIA, ... LUIGI,
SCUOLA di DANZA ... ANNA ... & C. Snc, derivata
dalla trasformazione della SCUOLA di DANZA ... ANNA
... Srl, in persona dell'Amministratore Unico pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA A. GRAMSCI
36, presso l'avvocato MAURIZIO CALÒ, che le rappresenta e
difende, per la 1^ e la 8^ giusta deleghe a margine del
controricorso e ricorso incidentale; giusta procure
speciali notarili per: il 2 mot.
Giovanni Paderni di Messina rep. 47000 del 17.2.1995; la 3^
mot. Mariateresa Antonucci di Roma rep. 57501 del 9.2.1995;
il 4 mot. Nicola Grimaldi di Cernusco sul Naviglio rep.
1597 del 13.1.1995;
il 5 mot. Livio Penzo di Adria rep. 6052 del 12.1.1995; la
6^ mot. Enrico Mele di Vicenza rep. 59771 del 24.1.1995; il
7 mot. Salvatore Sica di Napoli rep. 94702 del 18.18.1995;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
S.I.A.E. - SOCIETÀ ITALIANA DEGLI AUTORI E DEGLI EDITORI,
in persona del Commissario Straordinario pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA V.LE DELLA LETTERATURA
30, presso l'avvocato AMEDEO NICOLAI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati DELEDDA MARIA GRAZIA,
PAOLO SPADA, giusta procura speciale per Notaio Nicodemo
Operamolla di Roma rep. 33172 del 23.5.1994;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1276/94 della Corte d'Appello di
ROMA, depositata il 09/05/1994;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/97 dal Relatore Consigliere Dott.
Giuseppe Maria BERRUTI;
uditi per il ricorrente, gli Avvocati Spada e Nicolai, che
hanno chiesto l'accoglimento del ricorso principale e
l'inammissibilità del ricorso incidentale;
udito per il resistente e ricorrente incidentale, ANID,
l'Avvocato Calò, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
incidentale e rigetto del principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Antonio BUONAJUTO che ha concluso per l'accoglimento
del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'Anid, Associazione nazionale insegnanti di danza, ed
altresì venti titolari di scuole di danza associate ad
essa, convenivano davanti al Tribunale di Roma la Siae.
Chiedevano che venisse dichiarato che le scuole tutte
associate Anid non erano tenute al pagamento dei diritti di
autore per le opere musicali eventualmente utilizzate
durante i corsi di danza impartiti agli allievi, e nelle
manifestazioni di fine corso.
La Siae si costituiva e resisteva, chiedendo tra l'altro il
rigetto delle domande nel merito.
Il Tribunale di Roma, rigettate le eccezioni preliminari
della Siae, riteneva parzialmente fondata la domanda quanto
alle musiche utilizzate quale supporto ordinario alle
lezioni di danza, mentre la riteneva infondata, e
conseguentemente la respingeva, relativamente a quelle
eseguite durante i cosiddetti saggi, conclusivi dei corsi.
Proponevano appello Anid e le scuole di danza relativamente
a tale punto della decisione, sostenendo in particolare il
mancato accertamento da parte del primo giudice del
carattere didattico e non prevalentemente spettacolare dei
saggi predetti. Resisteva la Siae e spiegava appello
incidentale tra l'altro relativamente al capo di sentenza
che negava la sottoposizione ai diritti in questione per i
brani eseguiti durante le lezioni di danza. La Corte di
Roma respingeva tutte le impugnazioni. Rilevava anzitutto
che la materia in esame rientra nella disciplina dell'art.
15 della legge n. 633 del 1941, la cui interpretazione
doveva far concludere che solo se ed in quanto la
esecuzione dell'opera musicale si svolge in ambiti non
estensibili rispetto ai componenti della istituzione,
(famiglia, scuola, convitto, istituto di ricovero),
ordinariamente facenti parte della stessa, viene meno il
diritto esclusivo dell'autore. Conseguentemente la
esecuzione di brani musicali dentro la ordinaria cerchia
degli allievi della scuola a scopo didattico risulta immune
dai diritti di autore. Nella specie inoltre la esecuzione
in questione, secondo la sentenza impugnata, non poteva
essere definita a scopo di lucro, essendo comunque
prevalente la finalità didattica rispetto ad una finalità
di lucro solo indirettamente conseguente alla esecuzione
delle opere.
La Corte quindi riteneva manifestamente infondata la
eccezione di illegittimità costituzionale avanzata dalla
difesa Siae in ordine alla norma predetta della legge
speciale in relazione agli artt. 3 e 9 della Costituzione,
considerando invece del tutto legittima una interpretazione
costituzionale della legge stessa alla luce dei principi di
solidarietà sociale (art. 2 Cost.), e di libertà di
insegnamento delle scuole non statali (art. 33 Cost.), i
quali risulterebbero vulnerati dalla imposizione di un
costo di impresa non ipotizzabile nel caso di analoga
attività da parte delle scuole pubbliche.
Quanto alla questione dei saggi di fine corso, la sentenza
impugnata rilevava la prevalenza nei medesimi della
finalità spettacolari rispetto a quelle didattiche, essendo
il saggio cosa diversa dall'esame, ed essendo esso
organizzato al di fuori della cerchia ordinaria degli
appartenenti alla scuola, ai sensi della eccezione prevista
al diritto dell'autore da parte della stessa norma
dell'art. 15 l.a.
Ricorre in Cassazione con un motivo la Siae. Resiste e
spiega ricorso incidentale l'Anid nonché Alberto Bogani,
Dall'Ara Lia, Masella Aldo Mario, Punchina Franco, Kollner
Alfredo, Kollner Daniela, Paulon Maria Grazia, Lemaire
Luigi, rappresentanti e titolari di altrettante scuole di
danza, nonché la S.n.c. Scuola di danza classica Anna
Cerullo e C. S.n.c. Resiste con altro controricorso al
ricorso incidentale la Siae. Le parti hanno depositato
memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) I ricorsi debbono essere preliminarmente riuniti. 2) Con
l'unico motivo di ricorso la Siae lamenta la violazione e
la falsa applicazione dell'art. 15 della legge 22 aprile
1941 n. 633, (d'ora in avanti l.a.), ed artt. 2, 3, 9, 55,
33 Cost., nonché dell'art. 23 della l. n. 87 del 1953.
Sostiene che l'uso della musica nelle scuole di danza allo
scopo di impartire lezioni agli allievi è estraneo alla
eccezione stabilita dal comma secondo dell'art. 15 predetto
al dominio esclusivo dell'autore. Ribadisce la
incostituzionalità della interpretazione adottata dalla
Corte di merito, e la estraneità comunque della ipotesi in
esame alla fattispecie di cui all'art. 33 della
Costituzione. Lamenta infine la contraddittorietà e la
insufficienza della motivazione sui punti predetti.
3) La sentenza impugnata fonda la propria statuizione sulla
appartenenza della fattispecie di cui è causa alla ipotesi
di cui all'art. 15 della l.a., comma secondo, la quale
esclude possa ritenersi pubblica la esecuzione (tra
l'altro) dell'opera, "dentro la cerchia ordinaria... della
scuola", purché non effettuata, precisa il comma
successivo, "a scopo di lucro".
Ritiene infatti di poter escludere tale scopo, il quale se
sussistente farebbe rientrare il caso nella previsione del
primo comma della norma stessa, e dunque ne affermerebbe la
sottoposizione al diritto di autore, in base alla
considerazione che il collegamento tra le esecuzioni in
parola ed il lucro di impresa è solo indiretto. Il lucro
infatti sarebbe il risultato, come si è cennato in
narrativa, di una prestazione imprenditoriale di natura
didattica, e tale natura sarebbe assorbente della
fattispecie. Il giudice di merito quindi ha ritenuto di
confortare questo risultato interpretativo con la
considerazione della tutela costituzionale che spetta alla
ricerca ed alla cultura, (art. 9 Cost.), della libertà di
insegnamento dell'arte e della scienza (art. 33 Cost.),
nonché del principio di parità, (art. 3 Cost.), che
sarebbero vulnerati dalla arbitraria sottoposizione della
attività privata che a tali libertà si ispira, ad un carico
finanziario sconosciuto alle analoghe iniziative delle
scuole dello Stato. 3a) Osserva il collegio che nel
predetto schema logico adottato dal giudice del merito vi è
il rischio della petizione di principio. La sentenza
infatti, a foglio 15 rileva che nella mens legis è evidente
la "recessività" del profilo di lucro rispetto a quello
didattico, che invece appare assorbente. Ma questa premessa
pare astratta, perché trascura che la legge espressamente
pone il fine di lucro a sostegno della previsione di
sottoposizione della esecuzione dell'opera musicale al
diritto di autore. Dunque il problema nella specie non è di
individuare una astratta prevalenza, ovvero una astratta
assorbenza di un profilo rispetto ad un altro, bensì di
individuare in quale delle fattispecie di cui all'art. 15
citato si debba inquadrare la vicenda in esame. La quale è,
pacificamente, caratterizzata da una impresa privata che
persegue lo scopo di lucro adoperando normalmente quale
mezzo per perseguirlo strumenti e metodi didattici,
all'interno dei quali è inevitabile la esecuzione di
specifiche opere musicali.
3b) Va osservato che la legge speciale stabilisce
anzitutto, all'art. 12, il principio per il quale è
l'autore che ha il diritto di pubblicare l'opera. Quindi
stabilisce che l'autore ha "altresì", il diritto di
utilizzare economicamente l'opera, "in ogni forma e modo,
originario o derivato, ..., in particolare con l'esercizio
dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti".
Pertanto, gli articoli seguenti, 13 e 14, chiariscono
l'oggetto del diritto esclusivo di riproduzione dell'opera
d'arte e quello di trascrizione. Chiariscono cioè che il
diritto di pubblicare non si esaurisce nella prima
pubblicazione dell'opera, ma in quanto funzionale anche
alla utilizzazione economica esclusiva, si ripropone in
ogni ipotesi nelle quali, con qualunque mezzo, dice la
legge, si consente al pubblico di usufruirne. La dottrina
dominante sul punto ha sempre ritenuto la derivazione di
tali regole dal principio contenuto in modo sintetico
nell'art.
2577 c.c. che riunendo nella stessa formula il diritto di
pubblicare e quello di utilizzare economicamente l'opera
d'arte in ogni modo e forma, fa delinearne il divieto di
invasione di tale potere come difesa dalla concorrenza
nello sfruttamento dell'opera stessa. Consegue che l'art.
15, il quale si occupa di quella particolare fruizione
pubblica, che è costituita dalla esecuzione,
rappresentazione o recitazione in pubblico, coerentemente
ne afferma il diritto esclusivo in capo all'autore. Salvo
che tale esecuzione, rappresentazione o recitazione non
avvenga dentro "la cerchia ordinaria della famiglia, del
convitto, della scuola o dell'istituto di ricovero", e
purché, si badi, non sia effettuata "a scopo di lucro".
La elencazione delle ipotesi nelle quali la cerchia
ordinaria si specializza, se appare in qualche misura tardo
ottocentesca, con il richiamo (anche) alle recite
scolastiche ed a quella a beneficio degli ospiti di
istituti di beneficenza, chiarisce tuttavia l'ambito
qualitativo cui il legislatore si riferisce. Si tratta di
una cerchia consueta, assimilabile alla quotidianità della
famiglia, non a caso menzionata al primo posto, e comunque
di una comunità particolare capace di determinare il
carattere della fruizione dell'opera d'arte. Essa non può
considerarsi personale, e come tale di per sè sottratta ad
ogni carico derivante dal diritto dell'autore, ma non è
assimilabile tout cort a quella pubblica, cioè a quella
diretta in modo strutturale a fornire ad un pubblico
indifferenziato la fruizione di un'opera.
Si tratta invece di una ipotesi che di per sè esclude,
almeno nella normalità dei casi, la professionalità della
offerta di un servizio al pubblico e dunque di una offerta
al mercato, giacché ciascuna delle cerchie ordinarie
elencate rende residuale il caso in cui il promotore della
fruizione collettiva chieda di essere retribuito. Tuttavia
la precisazione successiva, che esclude l'immunità dal
diritto di autore, pur a proposito di tali specifiche
cerchie ordinarie, non è un pleonasmo, ma anzi ha il pregio
di togliere ogni dubbio sul portato della immunità stessa.
La legge intende ribadire che quando vi è una utilizzazione
economica dell'opera d'arte, fosse pure dentro la cerchia
dell'istituto scolastico o di beneficenza, o della
famiglia, si tocca la sfera di sfruttamento esclusiva
dell'autore, quale che sia, giova rammentare, il modo
mediante il quale se ne trae un beneficio economico.
Deve pertanto precisarsi che la cerchia ordinaria è
assimilata all'uso personale, come tale immune da diritto
di autore, solo se alcuno trae un beneficio economico dalla
esecuzione dell'opera. 3c) Diversa previsione, cui conviene
cennare subito per sgombrare il campo da possibili
equivoci, è quella dell'art. 70 della l.a., posta
significativamente nel capo V, dedicato alla libera
utilizzazione dell'opera d'arte. Tale norma precisa che "il
riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di
parti di opera, per scopi di critica, di discussione od
anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati
da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza
alla utilizzazione economica dell'opera". La legge dunque,
in coerenza con i principi appena rammentati, afferma la
libertà di quelle specifiche utilizzazioni culturali o
anche didattiche, che non costituiscono concorrenza nella
utilizzazione economica. Giacché questa spetta, in
qualunque modo avvenga, all'autore.
4) Osserva il collegio che la utilizzazione didattica
dell'opera d'arte è la utilizzazione a scopo di
insegnamento. Essa pertanto per dato letterale della legge
deve potere essere distinta a seconda che dia luogo, oppure
no, ad una utilizzazione economica dell'opera stessa. Il
dato dogmatico, dunque, in quanto letteralmente derivante
dalla legge, è che la utilizzazione didattica è libera se
non avviene a scopo di lucro. Dunque, a meno di non cadere
nella petizione di principio che innanzi si è paventata,
non si può dedurre la libertà d'uso dalla sussistenza del
solo fine didattico. Occorre accertare, oltre a tale
finalità, anche la assenza del predetto scopo di lucro
nell'uso stesso dell'opera. Rileva, è il caso di chiarire,
non solo lo scopo di lucro della attività complessiva
dentro la quale l'uso dell'opera d'arte è inserito, ma lo
scopo di lucro dell'uso dell'opera d'arte. E questo deve
per definizione essere ritenuto tutte le volte che
dell'opera d'arte si fa un uso economico, in quanto
organizzato economicamente dentro un processo produttivo di
impresa.
4b) Questa precisazione vale a superare una posizione
fondamentale nella economia della sentenza impugnata. Essa,
come si è anticipato, individua quella che chiama la
recessività del fine di lucro, nel fatto che il medesimo si
accompagna ad una finalità didattica. Ma la legge non
prevede un effetto assorbente di tale finalità, (rectius,
di tale metodologia di impresa), rispetto allo scopo di
lucro. Essa invece presuppone possa aversi una
utilizzazione didattica a scopo di lucro, e predispone per
tale ipotesi la esclusione dalla immunità dal diritto di
autore.
4c) Non sono utili a superare questa struttura della
disciplina del diritto di autore le considerazioni che
fanno perno sulla scuola pubblica, all'interno della quale
i corsi di educazione musicale farebbero uso, senza costi
di diritto di autore, di esecuzioni musicali. La scuola
pubblica non persegue fini di lucro. L'insegnamento
menzionato dalla sentenza non rientra dunque nella ipotesi
di cui all'art. 15 in questione, che riguarda
esclusivamente il particolare uso dell'opera musicale che
viene fatto nelle scuole di danza gestite in forma di
impresa privata.
5) È pacifico che le scuole di danza in questione, in
quanto intraprese private, perseguono legittimamente lo
scopo di lucro. La sentenza impugnata, consapevole di
questa realtà, per escludere che la fatti specie rientri
nella previsione dell'ultima parte del secondo comma
dell'art. 15 l.a., nega che tale scopo sia perseguito
direttamente attraverso la esecuzione delle musiche a
supporto delle lezioni di danza, o della esecuzione dei
saggi.
Ritiene in sostanza oltre al fatto che la esecuzione
avviene dentro una cerchia ordinaria di cui si è detto, che
comunque essa non può essere ritenuta a fine di lucro
giacché quest'ultimo deriva dalla complessa attività
organizzativa della impresa in questione, la quale include
la capacità di insegnamento del suo organizzatore. 5a) Il
collegio non condivide questa argomentazione. Non vi è
dubbio che il lucro venga perseguito dalla organizzazione
di impresa, e non da un singolo fattore della produzione,
in sè parcellariamente considerato. Ma questa
organizzazione include l'uso, precipuamente economico,
dell'opera musicale altrui. Le scuole offrono al mercato un
bene: il servizio insegnamento della danza. Producono
questo bene organizzando taluni fattori secondo criteri di
professionalità propri dell'imprenditore. Tra i fattori che
costui impiega vi sono le opere d'arte musicali, scelte, si
badi, non alla rinfusa e causalmente, quasi che un brano
valesse un altro, ma in base alla specificità artistica che
presentano.
Verdi o Ravel non sono la stessa cosa, e non sono identiche
le rispettive produzioni a quelle di altro musicista. E
poiché il balletto, e la danza, costituiscono tra l'altro
una forma di interpretazione della musica e si conformano
anche a seconda dello specifico contenuto della stessa, le
opere musicali, sia autonomamente composte, e sia che
vengano originariamente dedicate a dar vita ad una forma
tersicorea, determinano la qualità e la caratteristica
tecnica della danza in conformità della loro idea
artistica. La danza dunque, per quanto attiene al problema
giuridico che ne occupa, inevitabilmente utilizza e sfrutta
proprio la "creazione" che è il cuore della tutela del
diritto di autore. Consegue che lo scopo di lucro della
scuola di danza non è raggiungibile senza l'uso,
organizzato economicamente, di un'opera musicale, la quale
anche in considerazione di tale specifica utilità di
mercato che è in grado di offrire, conferma la sua natura
di bene economico. Nella fattispecie in esame vi è di
caratteristico che l'opera musicale viene consapevolmente
adottata, non già a scopo di insegnamento, il quale si
individuerebbe se oggetto della attività della scuola
fossero lezioni di musica, ma quale elemento di una
organizzazione che fornisce al mercato, secondo criteri di
economicità, l'insegnamento di altra arte. Pertanto l'opera
musicale si pone tra gli strumenti di perseguimento del
profilo di impresa. 6) Non rileva ad escludere tale
conclusione il carattere indiretto, come scrive la sentenza
impugnata, del collegamento tra lucro, e uso dell'opera
musicale. A parte la vaghezza di un simile criterio, ciò
che rileva è che in ogni attività di impresa il rapporto
tra i fattori della produzione è mediato dalla
professionalità dell'imprenditore, senza con ciò che essi
perdano il loro rilievo economico.
6a) Non rileva neppure, nel senso ritenuto dalla Corte di
Roma, la tutela dell'art. 33 della Costituzione, giacché
non è in discussione la libertà di insegnamento dell'arte e
della scienza da parte delle scuole private. È invece in
questione il diritto dell'autore a non vedere la sua opera
utilizzata economicamente da altri, ovvero a fine di lucro,
in concorrenza perciò stesso con il suo diritto esclusivo.
Nè viene in rilievo la tutela dell'art. 3 della Carta
fondamentale, con riferimento all'insegnamento di
discipline musicale nelle scuole pubbliche, sia per quanto
si è detto innanzi, e sia perché, al contrario, una
espropriazione senza indennizzo dei diritti dell'autore a
favore di altro soggetto privato sarebbe, essa, del tutto
irragionevole.
7) Il ricorso principale è pertanto fondato, dovendosi
precisare che la utilizzazione economica dell'opera d'arte
musicale a seconda delle diverse modalità che il mercato
consente, e mercè le quali comunque si sfrutti l'opera
stessa, perseguendo un lucro, appartiene all'autore. Tale
utilizzazione economica è esclusa nelle ipotesi
specificamente previste dalla legge, tra le quali non si
deve annoverare la esecuzione di opere musicali quale
supporto didattico nelle scuole di danza private, giacché
invece essa, in quanto organizzata dentro un processo
produttivo diretto al profitto, costituisce utilizzazione
economica riservata all'autore. 8) L'accoglimento del
ricorso principale determina la irrilevanza delle questioni
di costituzionalità avanzate in subordine al suo rigetto.
9) Il ricorso incidentale lamenta, al primo motivo, la
violazione degli artt. 15 e 70 della l.a., derivanti
dall'avere la Corte di merito confermato la debenza dei
diritti Siae nel caso del saggio di fine corso. I
ricorrenti incidentali rilevano la riconducibilità del
saggio al fine didattico che giustifica l'immunità dal
diritto di autore in questione.
9a) Osserva la Corte che proprio la funzione del saggio,
che non è distinguibile da quella generale
dell'insegnamento della danza, e dunque la sua coerenza al
fine di lucro di cui si è detto, oltre al carattere di
spettacolarità del medesimo, aperto ad una fruizione che va
oltre la cerchia ordinaria della scuola, determina
l'infondatezza, per più ragioni, della doglianza.
Valgono le considerazioni svolte nell'esame del ricorso
principale. 10) La ulteriore doglianza riguarda la
compensazione delle spese nel giudizio di merito. Essa è
assorbita dall'accoglimento del ricorso principale.
11) La sentenza impugnata deve dunque essere cassata, e la
causa deve essere rimessa ad altro giudice del merito che
deciderà facendo applicazione del principio affermato. Le
spese del giudizio di Cassazione debbono essere compensate
in ragione della difficoltà della questione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale
e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di
Appello di Roma. Compensa le spese del giudizio di
Cassazione.
In Roma il 26 febbraio 1997.