Photo credits to Uploaded by Spiders (|) on Sep 13, 2005 on stockexchange
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2089 del 07/03/1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
dott. Pellegrino SENOFONTE - Presidente -
Dott. Angelo GRIECO - Consigliere -
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere -
Dott. Luigi ROVELLI - Rel. Consigliere -
Dott. Giuseppe Maria BERRUTI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
FEDERICO ... SpA, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA E. Q.
VISCONTI 20, presso l'avvocato ANTONIO PACIFICO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO BONOMO,
ALBERTO VENTURINI giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SIAE - SOCIETÀ ITALIANA AUTORI ed EDITORI, in persona del
curatore speciale pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA V.LE DELLA LETTERATURA 30, presso l'avvocato AMEDEO
NICOLAI, che lo rappresenta e difende giusta delega a
margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1868/93 della Corte d'Appello di
MILANO, depositata il 05/10/93;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/07/96 dal Relatore Consigliere Dott. Luigi
ROVELLI;
udito per il ricorrente, l'avvocato Pacifico, che ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente, l'avvocato Nicolai, che ne ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per l'accoglimento
del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'atto introduttivo, notificato il 14.6.1987, la
Federico ... Editore S.p.A. conveniva in giudizio,
davanti al Tribunale di Milano la S.I.A.E.. Dopo aver
premesso di aver pubblicato, nel 1986, un'opera collettiva
storico-enciclopedica dal titolo "... storia
contemporanea", in più volumi, avente la particolarità di
includere al proprio interno dei dischi piccolissimi
riproducenti brani storici, letterari e musicali; e che
detti brani dovevano ritenersi di libera utilizzazione, a
norma, dell'art. 70 L. 22.4.1941 n. 633 e dell'art. 22 del
relativo regolamento, l'attrice si doleva che la convenuta
avesse chiesto, a titolo di compenso, il pagamento di £.
2.000 per ogni esemplare. Il Tribunale adito, nella
resistenza della convenuta rigettava la domanda di
accertamento negativo, con pronunzia che veniva confermata,
con sentenza depositata il 5 Ottobre 1993, dalla Corte
d'appello di Milano. In particolare, la Corte milanese,
escludeva che nell'opera editoriale fossero ravvisabili una
delle finalità menzionate all'art. 70 cit., perché i brani
riprodotti non erano preordinati a scopi di critica,
discussione, o insegnamento, trattandosi di opera di mera
divulgazione. Nè riteneva applicabile l'art. 10 I comma
della Conv. di Berna (cui è stata data esecuzione con L.
20.7.1978 n. 399) perché è da escludere che la riproduzione
parziale di opera protetta, eseguita con l'iniziativa
editoriale in questione, possa essere qualificato come
"citazione", difettando il carattere della sua inserzione
nel testo, intesa come subordinazione alle finalità del
testo medesimo, talché l'utilizzazione predetta ha
piuttosto la mera funzione di illustrazione (sonora) fuori
testo. Avverso detta sentenza la "Federico ..." proponeva
ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resisteva la
parte intimata, notificando controricorso.
Memoriae utrimque.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente, deducendo violazione
degli artt. 2695 e 2712 C.C. (nonché vizio di motivazione)
assume che i giudici di merito non hanno proceduto
all'esame diretto delle registrazioni fonografiche, traendo
le proprie valutazioni solo dalle espressioni usate dalle
parti, secondo un metodo fonte di equivoci terminologici.
Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 70
L. n. 633 del 1941 e dell'art. 10 della Convenzione di
Berna, nonché vizio di motivazione. In particolare si
assume l'erroneità della distinzione tracciata fra
riproduzione parziale e citazione: la citazione può
corrispondere a qualsiasi scopo, perché effettuata in
conformità agli usi nella misura giustificata dallo scopo;
l'inserzione della citazione nel testo non può essere
intesa in senso materiale e, comunque, il ""testo" va
identificato con l'intero prodotto editoriale (con
conseguente contestualità delle registrazioni al testo)
grazie alle "lettura integrata"; la fattispecie è
verificabile lo scopo di documentazione, illustrazione,
rievocazione, che rende legittima l'utilizzazione
dell'opera; inoltre la selezione stessa del materiale da
riprodurre corrisponde ad un'esigenza illustrativa dei
diversi periodi storici, e lo scopo illustrativo non può
essere perseguito in mancanza di una valutazione critica.
Con il terzo motivo, dolendosi della violazione degli artt.
211 e 277 c.p.c., la ricorrente rileva che la Corte ha
erroneamente sostenuto estraneo al dibattito processuale di
primo grado l'allegazione che molte riproduzioni erano di
dominio pubblico e, comunque, non ha reso pronunzia sulla
subordinata domanda relativa alla minor quantificazione del
compenso.
Il primo motivo si palesa destituito di fondamento.
La censura con cui si lamenta che i giudici di merito (più
concretamente, il giudice di primo grado) non avrebbero
proceduto all'esame diretto delle registrazioni
fonografiche può acquisire concreto rilievo solo se si
assuma l'esistenza di specifici errori di percezione (che,
peraltro, in quanto verificatisi nel giudizio di primo
grado, avrebbero dovuto costituire oggetto di impugnazione.
e con specifico motivo, nell'atto di appello).
In assenza di denunziate specifiche, difformità tra
l'effettivo contenuto delle registrazioni fonografiche e
quanto percepito dall'organo giurisdizionale, della
indicazione delle ragioni di rilevanza di dette eventuali
difformità (in relazione ai parametri normativa costituiti
dall'art. 70 L. n. 633 del 1941 e dell'art. 10 della
Convenzione di Berna) la mera allegazione di un metodi di
utilizzazione dei mezzi di prova resta, oltre che non
verificabile, sganciata dal rilievo di concreti ed
effettivi errori di percezione, rilevanti ai fini della
decisione.
Anche il secondo motivo non appare fondato alla stregua
delle osservazioni che seguono.
Occorre premettere che l'art. 70 della Legge sul diritto
d'autore e l'art. 10 della Convenzione di Berna prevedono
limitazioni della esclusiva economica riservata all'autore,
allorquando da un'opera protetta vengono tratte parti o
brani per specifiche finalità o entro precisi limiti che
dalle rispettive norme si desumono. L'art. 70 L. art.
ammette la libertà di riassumere, citare o anche riprodurre
brani di opere, per scopi di critica, discussione o anche
di insegnamento.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa
esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971,
ammette la liceità di "citazioni" tratte in un'opera
protetta "a condizione che esse siano conformi ai buoni usi
e nella misura giustificata dello scopo che si intende
perseguire". Precisandosi, al secondo comma di detta
disposizione, che restano ferme le legislazioni nazionali
"per quando concerne la facoltà di utilizzare lecitamente
opere letterarie e artistiche a titolo illustrativo
nell'insegnamento, mediante pubblicazioni ... o
registrazioni sonore o visive", e sempre che "tale
utilizzazione sia fatta conformemente ai buoni usi e nella
misura giustificata allo scopo".
Ora, con riferimento alla fattispecie di libera
utilizzazione di cui al citato art. 70, la sentenza
impugnata, ne ha escluso la ricorrenza perché i brani
riprodotti "non erano affatto preordinati a scopi di
critica o di discussione (mancando di fatto, e nella
stessa, impostazione, sia l'una che l'altra) o
d'insegnamento "non trattandosi" di opera avente finalità
didattiche". Quando all'art. 10 della Convenzione di Berna,
ha escluso che la riproduzione parziale di opere protette,
eseguita nel lavoro editoriale in questione, possa essere
qualificata come citazione, perché "intanto può parlarsi di
citazione in quanto la riproduzione sia inserita nel testo
e subordinata ad esso, oltre che contenuta nella misura
giustificata dallo scopo". Mentre, nella fattispecie
"l'utilizzazione è riconducibile piuttosto alla funzione di
illustrazione (sonora) fuori testo, non diversamente dalla
illustrazione visiva che l'accompagna". E l'utilizzazione
di opere a titolo illustrativo, come le riproduzioni
parziali nelle antologie sono, dalla ricordata norma
convenzionale, riservate alle legislazioni nazionali, e
fuoriescono dalla nozione di "citazione". È da escludere
che tali affermazioni incorrano nei denunziati errori di
diritto.
Va ricordato che le norme succitate, contenute in strumenti
normativi volti alla protezione del diritto di autore,
prevedono fattispecie di libertà di utilizzazione che si
pongono come eccezionali, (arg. anche ex Corte cost. sent.
n. 108 del 1995), perché situate oltre le frontiere
dell'esclusiva riservata all'autore, ed appaiono di stretta
interpretazione. In questo senso va inteso (e precisato)
anche il significato del riferimento (contenuto
nell'impugnata sentenza) al preambolo della Convenzione di
Berna, indicata come insieme di norme dirette a ""tutelare
nel modo più efficace possibile i diritti degli autori
nelle opere letterarie e artistiche". Ecco, quindi, che,
per l'art. 70 della norma nazionale, una tale libertà di
utilizzazione si giustifica essenzialmente con la
circostanza che l'opera di critica, di discussione, di
insegnamento ha fini del tutto autonomi e distinti da
quelli dell'opera " citata", i cui "frammenti" riprodotti
perciò stesso, non creano una neppur potenziale concorrenza
con i diritti di utilizzazione economica spettanti
all'autore.
L'accertamento dell'esclusione da parte della sentenza
impugnata, di scopi di critica discussione o insegnamento,
nell'opera editoriale di cui trattasi, è tassativo; e si
risolve in un apprezzamento riservato al giudice di merito
congruamente motivato. Laddove il rilievo che, peraltro, la
selezione del materiale secondo una esigenza pur meramente
illustrativa, "non può non rispondere ad un preciso
orientamento critico degli autorì, nella sua generale
valenza, corrisponderebbe ad un'inammissibile
interpretazione estensiva, che ammette la riproduzione di
brani anche al di fuori della ricorrenza di scopi,
specifici e verificati, di critica, discussione o
insegnamento.
Quanto all'art. 10 della Convenzione di Berna, va anzitutto
escluso che vi possa essere totale identificazione tra
"citazione" e "riproduzione parziale" di una stessa opera,
che prescinda dalla funzione che la riproduzione persegue.
È immanente al concetto di "citazione" la destinazione a
convalidare o a smentire una tesi, a costituire la premessa
per un discorso, in cui sia funzionalmente inserita. E il
riferimento normativo alla necessità che la citazione sia
contenuta misura giustificata dallo scopo" rimanda ad una
funzione specifica che non può essere quella di mera
"illustrazione", suscettibile di una non mediata fruizione.
L'utilizzazione a titolo illustrativo è, in effetti,
l'oggetto della previsione di cui al secondo comma del
citato art. 10 che rinvia alle legislazioni nazionali per
la riproduzione di brani a titolo illustrativo, mediante
pubblicazione e registrazioni sonore (genus rispetto al
quale la riproduzione di opere in antologie ad uso
scolastico, costituisce soltanto una species, disciplinata
dall'art. 70 L. da aut. e dall'art. 22 reg. di es.) .
Dovendosi altresì rilevare che è soltanto in ragione della
accertata riconduzione delle riproduzioni sonore alla mera
funzione di illustrazione (inidonea ad integrare la nozione
di citazione", ed a rendere verificabile la commisurazione
della riproduzione a congruità con la funzione specifica
che persegue) - e non per trattarsi di riproduzioni 'fuori
testo" - che il giudice di merito ha negato la ricorrenza
del "diritto di citazione" di cui all'art. 10 Conv. di
Berna.
Anche il terzo motivo si presenta come infondato avendo il
giudice del gravame rilevato la "novita'" (e la conseguente
inammissibilità in sede di appello ex art. 345 c.p.c.)
della "domanda
dell'appellante di accertamento che circa la metà delle
opere per le quali viene richiesto il compenso è di
pubblico dominio, 'trattandosi di questionè che è rimasta
estranea al dibattito processuale di primo grado e che,
integrando una diversa causa petendi della domanda di
accertamento negativo" originariamente proposta, ne'
comporta una estensione dei limiti della materia del
contendere inammissibile in appello". Per conseguenza non
vi è omissione di pronunzia, ma declaratoria di
inammissibilità della subordinata domanda di minore
qualificazione del compenso che, sulla "nuova" causa
petendi (relativa all'accertamento che parte dalle opere
riprodotte erano cadute in pubblico dominio), è stata
inammissibilmente introdotta, per la prima volta, in sede
di gravame.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della
soccombente parte ricorrente alla rifusione, in favore
della controparte, delle spese del giudizio di cassazione,
come liquidato in dispositivo. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla
rifusione delle spese in favore della controparte, spese
che liquida in £.496.580 oltre £. 5.000.000 per onorari di
avvocato. Roma lì 12 luglio 1996 .