Fascicoli elettronici, sentenze on-line e processi telematici al posto della carta bollata. A cinque anni dal regolamento ministeriale per l’informatizzazione dei processi civili, l’Istituto di ricerca sui sistemi giudiziari del Cnr fa il punto: la rivoluzione dell’e-justice è ancora lontana
Che dire: un de profundis con i crismi dell'ufficialità.
L'Istituto di ricerca sui sistemi giudiziari (Irsig) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna ha svolto un'indagine per comprendere a che punto sono le amministrazioni giudiziarie, dell'Italia e di altre nazioni, nell’utilizzo delle nuove tecnologie. I risultati, pubblicati nel volume “Tecnologie per la giustizia”, sono deludenti per quanto concerne il nostro Paese.
Nulla di nuovo sotto il cielo. In Italia si e' preferito dare la competenza ai capitali piuttosto che alle idee.
“Dal punto di vista meramente tecnologico”, dice il prof. Giuseppe Di Federico, direttore dell'Irsig-Cnr, “il ministero della Giustizia ha fatto passi in avanti nella realizzazione delle infrastrutture di base, grazie soprattutto ai cospicui e crescenti fondi investiti durante gli anni ‘90 e sino al 2001.
Cosa significa ? Ora sanno cos'e' internet.
Tuttavia, se si guarda alle tecnologie di supporto al lavoro di cancellieri e magistrati, per non parlare dell’e-justice, cioè dell’utilizzo delle reti informatiche per scambiare dati e documenti giudiziari, i risultati sono assai poco soddisfacenti. Un significativo numero di iniziative avviate non sono state portate a termine, per motivi diversi.
Cosa significa ? Che non sanno usarlo, e che persino progetti approvati non sono stati conclusi.
E ci provano in tanti avvocati e magistrati, oppure con progetti locali.
Lo dicemmo da subito: fate i decreti ingiuntivi elettronici. Oggi non e' una firma che significa che il progetto funziona, ma siamo in ritardo di troppi anni. Soprattutto nessuno crede piu' alle promesse fatte, quanto piuttosto ai miracoli.