LE SCHEDE “PIRATA” PER L’ACCESSO ALLE TRASMISSIONI SATELLITARI A PAGAMENTO Il Decreto Legislativo del 15 novembre 2000, n. 373, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre dello stesso anno, ha emanato una specifica disciplina nel settore dell'accesso alle trasmissioni televisive a pagamento, nonché di qualsiasi “servizio fornito a distanza per via elettronica ed a richiesta individuale di un destinatario di servizi”. Tale Decreto assume particolare importanza nell’”universo satellite” poiché si propone di scoraggiare la pratica, ormai diffusa, della vendita delle cosiddette “pic card” o “schede pirata” che consentono di accedere direttamente alla programmazione televisiva satellitare che sarebbe invece preclusa in difetto di pagamento di una determinata quota in denaro. In particolare, il Decreto Legislativo suindicato ha vietato: - la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso ai fini commerciali di dispositivi illeciti, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelliggibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio; - l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali dei suindicati dispositivi illeciti, la loro diffusione con ogni mezzo di comunicazioni commerciali per promuoverne la distribuzione e l’uso. Lo stesso Decreto Legislativo ha altresì disposto che “chiunque pone in essere una delle attività illecite” sopra menzionate “è assoggettato alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire dieci milioni a lire cinquanta milioni oltre al pagamento di una somma da lire centomila a lire cinquecentomila per ciascun dispositivo illecito. In ogni caso la sanzione amministrativa non può superare la somma complessiva di lire duecento milioni”. A tal proposito, piuttosto interessante appare una recente sentenza del Tribunale di Torino – Sezione V Penale, in composizione monocratica – (del 17.02.2001) che ha assolto “perché il fatto non costituisce reato” alcuni soggetti ai quali nel 1997 era stata contestata “l’acquisizione, la detenzione e l’installazione di apparecchiatura e strumenti idonei ad eludere i sistemi di protezione alle trasmissioni televisive in forma codificata”. Tale pronuncia è da ascriversi alla considerazione che: 1)- “a norma dell’art. 2, comma 2 c.p., nessuno può essere punito per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce reato; 2)- essendosi la condotta degli imputati esaurita prima della entrata in vigore della norma depenalizzante, introdotta con il sopra richiamato Decreto Legislativo 15.11.2000, n. 373, doveva escludersi l’applicabilità non solo della sanzione penale ma anche di quella amministrativa.
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