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Osservatorio sul diritto e telecomunicazioni informatiche, a cura del dott. V. Spataro dal 1999, 9341 documenti.

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Domain 07.03.2003    Pdf    Appunta    Letti    Post successivo  

Il Tar del Lazio annulla il commissariamento del Cnr

Annullato il commissariamento. Domini fermi come era prima.
Spataro

 

R

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione terza ter) ha pronunciato la seguente: SENTENZA ai sensi dell’art.9 della legge 21 luglio 2000 n.205, sul ricorso 1242/2003 proposto dal prof. Lucio BIANCO rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Colarizi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Roma, via Panama, n.12; contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente p.t., il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa in Roma, via dei Portoghesi n. 12; nonché nei confronti del C.N.R., Consiglio Nazionale delle Ricerche, in persona del legale rappresentante, non costituito; del prof. Adriano De Maio, non costituito; per l'annullamento del D.P.C.M. 31 gennaio 2003, comunicato con nota del successivo 4 febbraio, con il quale sono stati sciolti gli organi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presidente e Consiglio direttivo, di cui all’art.4, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 19 ed è stato nominato Commissario Straordinario il prof. Adriano De Maio, nonché di tutti gli atti preordinati e conseguenti ed in particolare, occorrendo, della determinazione adottata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 gennaio 2003 e della proposta, di estremi e contenuto sconosciuti, avanzata al Consiglio dei Ministri dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Visti gli atti tutti della causa, tra cui l’ordinanza presidenziale 689/03 in data 8 febbraio 2003, notificata in data 11 febbraio 2003, con la quale è stata sospesa interinalmente l’esecuzione dell’atto impugnato; Udita alla camera di consiglio del 20 febbraio 2003, fissata per la decisione cautelare, la relazione del Consigliere Lucia Tosti; Uditi, altresì, l’avv. Massimo Colarizi, per il ricorrente, e l’avv. Ettore Figliolia, per le amministrazioni dello Stato, i quali hanno concordemente convenuto sull’opportunità di procedere in applicazione dell’art.9 della legge 205 del 21 luglio 2000; Verificata la completezza del contraddittorio e ritenuta la sussistenza dei presupposti previsti dall’art.9, della legge 21 luglio 2000, n. 205 per assumere una decisione in forma semplificata, così si pronuncia: FATTO E DIRITTO Il ricorrente agisce in giudizio nella sua qualità di presidente del Consiglio nazionale delle Ricerche, in virtù della nomina, decorrente dal 1 maggio 2001, ottenuta con DPCM del 24 aprile 2001, su proposta del Ministro competente, sentite le commissioni parlamentari competenti, ai sensi dell’art.6 comma 2 del D.lgs. 5 giugno 1998, n.202, richiamato dall’art. 4 del D.lgs. 30/1/1999, n. 19. Impugna il provvedimento con il quale, in previsione di una nuova riforma del Consiglio Nazionale delle ricerche, avviata con lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2003, trasmesso in Parlamento, per il parere della commissione bicamerale per la riforma amministrativa prima dell’approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri, si è proceduto all’immediato scioglimento anticipato di tutti gli organi dell’Ente, con contestuale nomina di un Commissario Straordinario, fino al riordino dell’Ente stesso, ai sensi della legge 6 luglio 2002, n. 137 e comunque non oltre il 31 gennaio 2004. Il mandato del Presidente avrebbe avuto naturale scadenza il 30/4/2005, mentre il Consiglio direttivo attualmente in carica, costituito con D.M. 25/3/1999, sarebbe scaduto il 25 marzo 2003. Il provvedimento è giustificato: dalla “necessità che l’amministrazione dell’Ente sia tenuta da un Commissario straordinario, che, cumulando le funzioni degli ordinari organi di vertice dell’Ente, proceda fin da ora all’amministrazione in coerenza con gli obiettivi della riorganizzazione dell’Ente stesso e provveda in seguito all’attuazione della predetta riorganizzazione”; dalla “necessità di assicurare, attraverso la nomina di un Commissario, la continuità programmatica e funzionale dell’Ente”; dall’impossibilità “di procedere alle incombenze per il rinnovo del Consiglio direttivo dell’Ente di prossima scadenza (25 marzo 2003) essendo venuta meno l’Assemblea della Scienza e della Tecnologia”. Il ricorrente, a sostegno della richiesta di annullamento, deduce i seguenti motivi: Violazione e falsa applicazione della legge 6 luglio 2002, n. 137, dell’art. 28 della legge 28 dicembre 2001, n.448. Violazione della legge 23/8/1998, n.400. Eccesso di potere per falsità dei presupposti ed illogicità manifesta. Eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto e contraddittorietà motivazionale, comportamento illogico e contraddittorio. Violazione D.lgs. n. 19/1999. Violazione dei principi del commissariamento degli enti pubblici. Eccesso di potere per errore nei presupposti e difetto di motivazione. Violazione del decreto legislativo n. 419/99. Violazione della legge n. 241/90 ( art.7 e ss.). In sintesi, ad avviso dell’interessato, il provvedimento darebbe per esistenti atti di riforma ancora in itinere; ne deriverebbe che, allo stato, il CNR sarebbe tuttora disciplinato dalla normativa di cui al D.lgs n. 19/99. Le ragioni poste a base del commissariamento sarebbero inesistenti, a meno di non voler configurare il commissario straordinario come esecutore di direttive che il Governo ritenesse di impartire prima di trasfondere i propri propositi in disciplina positiva di riferimento. L’argomento, relativo alla prossima scadenza del Consiglio direttivo, sarebbe privo di consistenza, poiché il provvedimento impugnato avrebbe comunque una decorrenza (31 gennaio 2003) di gran lunga anteriore rispetto a quelle fissate in atti legittimi, rispettivamente del 25 marzo 2003 (Consiglio direttivo) e del 30 aprile 2005 (Presidente); non sarebbe stata considerata la possibilità di protrazione della gestione ordinaria per un tempo limitato, né sarebbero stati ricercati gli strumenti previsti dall’ordinamento vigente, nel caso dell’impossibilità di rinnovazione -parziale - prospettata. Il potere di scioglimento potrebbe essere esercitato solo dall’amministrazione vigilante e dovrebbe avere a presupposto un’incapacità a funzionare degli organi disciolti; nessuna urgenza avrebbe potuto legittimare, infine, l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento. Si sono costitute le amministrazioni intimate che, con ampia memoria, hanno contraddetto gli argomenti addotti dal ricorrente, soffermandosi, in particolare - con sviluppo di argomenti in parte nuovi rispetto a quelli posti a base del provvedimento impugnato - sulla questione relativa alla impossibilità di procedere alla ricostruzione del Consiglio direttivo in scadenza, a causa della soppressione dell’organo codesignante; affermando che i rilievi del ricorrente impingerebbero nel merito dell’azione amministrativa e che i componenti del Consiglio direttivo avrebbero fatto acquiescenza al provvedimento, con conseguente decadenza automatica del Presidente in connessione al cessato consiglio e prospettazione di un profilo di carenza di interesse al ricorso. Ad avviso del collegio, il ricorso è manifestamente fondato, sia per violazione della legge 6 luglio 2002 n. 137, sia per violazione dei principi sul commissariamento degli enti pubblici, anche con riferimento al D.lgs.30/1/1999, n.19. In merito alle eccezioni di carenza di interesse, in realtà appena accennate in calce alla difesa delle amministrazioni, è sufficiente rammentare che il ricorrente agisce in qualità di titolare dell’organo, che tuttora ha la rappresentanza legale dell’ente ( art.4 comma 2 del D.lgs. n.19/99) ed in forza di un provvedimento di nomina, traente legittimazione da un procedimento del tutto distinto da quello disciplinato e seguito per disporre la nomina del Consiglio direttivo. Il presidente del CNR, infatti, non è nominato in seno al consiglio direttivo e non ne è dunque diretta derivazione. Ai sensi dell’art.6, comma 2 del D.lgs. 5 giugno 1998, n. 204, richiamato dall’art. 4 del D.lgs. n. 19/99, il presidente è nominato con DPCM, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, sentite le commissioni parlamentari competenti, dura in carica quattro anni e può essere confermato una sola volta. Gli otto membri, che compongono il Consiglio direttivo, sono invece, allo stato, nominati dal Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, quattro su designazione del Ministro medesimo e quattro su designazione dall’Assemblea della scienza e della tecnologia al di fuori del proprio ambito, durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Il provvedimento impugnato, incidente anche sull’organo collegiale del quale il ricorrente ha tra l’altro la presidenza, viola autonomamente il suo status giuridico, acquisito in forza di determinazioni la cui legittimità non è posta in discussione. La circostanza è sufficiente a radicare nel ricorrente un interesse diretto all’annullamento, anche in considerazione della naturale scadenza del suo mandato, fissata al 30/4/2005, mentre i membri del Consiglio direttivo, che, tra l’altro non risulta abbiano fatto acquiescenza al provvedimento, non hanno neanche la veste di controinteressati, sicché il ricorso non andava loro notificato. In merito al primo motivo, è sufficiente rilevare che non è stato prodotto in giudizio alcun atto idoneo a contestare quanto affermato dal ricorrente sull’inesistenza, allo stato, di un provvedimento legislativo delegato, approvato nelle forme di rito, che disciplini il CNR in modo difforme dalla normativa di riforma contenuta nella legge di riordino. E’ noto che la legge 6 luglio 2002 n. 137 contiene, all’art. 1, una nuova delega al governo ad adottare decreti legislativi, correttivi o modificativi dei decreti legislativi già emanati, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. d) della legge 15 marzo 1997, n.59, sulla base degli stessi principi e criteri direttivi indicati negli art. 12, 14, 17 e 18 della stessa legge. E altresì noto che, in sede di definizione delle linee giuda per il programma nazionale di ricerca 2001-2003 ( delibera CIPE 25 maggio 2000) e di approvazione del programma nazionale di ricerca 2001-2003 (delibera CIPE n. 150/2000 e successive rettifiche), il CIPE ha deliberato una serie di obiettivi, di orientamenti e di priorità della politica della ricerca, fissando anche l’ordine delle azioni prioritarie. Non è contestato neanche che il Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 gennaio 2003 abbia avviato il procedimento di approvazione della riorganizzazione del CNR. Nessuno di tali atti tuttavia, in base all’ordinamento vigente, ha la forza di abrogare le norme di riordino dell’Ente, di recente emanate in attuazione della precedente delega di cui alla legge n. 59/97. La scelta di procedere allo scioglimento anticipato degli organi del Consiglio nazionale delle ricerche non può, pertanto, essere giustificata con riferimento a riforme ancora in fieri, sulle quali nelle sedi opportune potranno e dovranno trovare contemperamento le varie istanze politiche delle parti coinvolte. Allo stato, le considerazioni sull’opportunità di procedere all’amministrazione “ in coerenza con gli obiettivi della riorganizzazione” al fine di assicurare “ la continuità programmatica e funzionale dell’Ente” sono da un lato svianti, se riconducibili ad un implicito giudizio di disvalore nei confronti degli organi attualmente al vertice dell’Ente; non è stato dimostrato, nelle debite forme, infatti, che tali organi abbiano in qualche modo ostacolato il raggiungimento degli obiettivi attraverso l’adozione di concrete determinazioni, non condivise in sede di vigilanza. Per altro verso, tali ragioni sono prive di legittimità, se riferibili alla mera volontà politica di dare anticipata applicazione a previsioni di legge non ancora vigenti e tuttora in via di formazione. La questione deve essere dunque risolta sulla base del sistema normativo che ancora disciplina la materia, rappresentato dal D.lgs. n. 19/99 ed, in mancanza di specifiche previsioni, sulla base dei principi generali dell’ordinamento in materia di commissariamento e di proroga degli organi amministrativi. E’ pacifico che il commissariamento di un ente rappresenta un modulo ordinamentale e gestionale disancorato dal vigente quadro di riferimento, aggravato dall’incidenza sulle funzioni di controllo interno ed esterno, che risultano compresse dall’omessa collegialità del momento valutativo e decisionale e che i provvedimenti di commissariamento, proprio in quanto fortemente limitativi dell’autonomia dell’ente, devono trarre la loro giustificazione da situazioni di fatto particolarissime, che per la loro gravità portino all’esercizio del potere, che costituisce l’espressione più ampia e penetrante della vigilanza ministeriale. Ne deriva che, una volta escluso che la previsione di un accorpamento, o di una fusione tra enti, o comunque di una riforma ( Corte Conti sez contr. 23 maggio 1991, n. 26) comporti, finché non venga positivamente attuata, qualche conseguenza sulla normale operatività degli organi gestionali e dei soggetti coinvolti nella riorganizzazione, l’esercizio del potere deve avere a suo presupposto una obiettiva ed attuale situazione di incapacità di “tutti” gli organi di gestione ordinaria allo svolgimento delle attività che le norme loro attribuiscono. Nella specie, l’unico successivo argomento giustificativo indicato nel provvedimento è quello dell’impossibilità di “procedere alle incombenze per il rinnovo del Consiglio direttivo dell’ente di prossima scadenza ( 25 marzo 2003) essendo venuta meno l’Assemblea della scienza e della tecnologia”. Deve essere subito precisato che le vicende, relative alla mancata attivazione dell’Assemblea della scienza e della tecnologia, incidono solo in minima parte sul procedimento di rinnovazione tuttora vigente, essendo riferibili solo all’attuale impossibilità di designazione di quattro degli otto membri del Consiglio direttivo, che verrà a scadere, tra l’altro, solo nel marzo 2003, senza considerare l’applicazione dei quarantacinque giorni di proroga ex lege. La considerazione indebolisce fortemente l’argomento sul quale la difesa dell’amministrazione incentra le proprie tesi, sia perché la situazione non presenta quei connotati di gravità che di norma potrebbero legittimare l’esercizio, con due mesi di anticipo, del potere eccezionale, sia perché non si configura neanche quell’urgenza di provvedere, collegabile all’imminenza dello scadere di tutti gli organi preposti alla direzione di un ente, non solo con riferimento al rispettivo e differenziato termine di durata, ma anche avuto riguardo allo strumento, a regime, della proroga ex lege, previsto dall’art. 3 del d.l. 16 maggio 1994, n.293, introdotto nell’ordinamento proprio per consentire di far fronte, con la necessaria ponderazione, a situazioni anomale o transitorie. Osserva peraltro il collegio che, pur rappresentando una non ammissibile integrazione, in sede di difesa, della trama argomentativa del provvedimento impugnato, non paiono convincenti al riguardo neanche le argomentazioni nuove introdotte dall’Avvocatura in ordine, sia all’intervenuta soppressione della norma disciplinante la costituzione dell’Assemblea della scienza e della tecnica, sia all’impossibilità di applicazione della norma transitoria di cui all’art. 13, comma 2 del D.lgs. n. 19/99. Secondo le amministrazioni, l’organismo collegiale codesignante sarebbe stato soppresso dal MIUR con il decreto n. 7593 del 30/4/2002, in applicazione dell’art.18 comma 2 della legge 28 dicembre 2001 n. 448. La norma, inserita tra le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ( legge finanziaria 2002), ai fini del contenimento della spesa e per la maggiore funzionalità dei servizi e delle procedure, vieta alle pubbliche amministrazioni di istituire comitati, commissioni ed altri organismi collegiali ad eccezione di quelli di carattere tecnico e ad elevata specializzazione indispensabili per la realizzazione di obiettivi istituzionali non perseguibili attraverso l’utilizzazione del proprio personale. Al secondo comma impone che, per le amministrazioni statali, i Ministri, e per le restanti amministrazioni pubbliche, l’organo di direzione politica responsabile (previa approvazione dell’amministrazione vigilante e verifica degli organi interni di controllo), individuino con decreto di natura non regolamentare “gli organismi tecnici e ad elevata specializzazione già operanti nelle pubbliche amministrazioni ritenuti indispensabili..”. La norma termina affermando che gli organismi collegiali, non individuati come indispensabili dai predetti provvedimenti, sono soppressi. La circostanza che il decreto richiamato non abbia incluso nell’elenco né i consigli scientifici nazionali, né l’assemblea della scienza e della tecnica, ne avrebbe comportato dunque la soppressione. La tesi non ha fondamento, sia perché tali organismi, alla data di adozione del decreto ministeriale non erano ancora operanti, sicchè la loro mancata inclusione nel decreto non è significativa, sia perché la norma, ad avviso del collegio, non si applica ai consigli ed all’assemblea, in quanto gli stessi non sono organismi di carattere tecnico e ad elevata specializzazione, ma organi rappresentativi della comunità scientifica nazionale, universitaria e degli enti di ricerca (art.4 primo comma D.lgs. 204/98) con funzioni consultive e propositive, sicché, fatto salvo il divieto temporaneo di loro istituzione, la eventuale soppressione degli stessi non può che avvenire con norma di pari grado, in sede di attuazione della nuova delega, attraverso le previsioni dei decreti legislativi correttivi o modificativi dei decreti già emanati, quale è il D.lgs n. 204/98, ai sensi dell’art. 11 comma 1 lett. d), espressamente richiamato dall’art. 1 della legge 137/2002. A parte tale considerazione, nulla avrebbe vietato al Ministero di applicare la norma transitoria di cui all’art. 13, comma 2 lett.a) primo capoverso, limitatamente ai membri nominati, in sede di prima applicazione, per conto dell’AST. La disposizione, infatti, nella parte in cui prevede la decadenza di detti membri solo “all’atto della nomina dei membri designati da parte dell’AST”, introduce una proroga ex lege a favore dei quattro membri nominati per conto dell’organismo collegiale, destinata ad avere efficacia quanto meno fintantoché sia ancora giuridicamente possibile procedere alla costituzione dell’organismo codesignante, ovvero fino alla abrogazione od alla modificazione dell’art. 4 del D.lgs. 204/98. Le considerazioni che precedono tendono a dimostrare che l’ordinamento di settore e le norme generali prevedevano comunque strumenti alternativi volti a sopperire alla prospettata insuperabile difficoltà di ricostituire una parte degli organi in via di scadenza, sicché perde consistenza anche l’ultimo argomento giuridico posto a sostegno del provvedimento. Emerge allora con maggior evidenza il profilo di eccesso di potere sotteso alla determinazione, che ne connota gli effetti in senso latamente sanzionatorio di opinioni, espresse dagli organi di vertice del CNR, non del tutto coincidenti con i progetti di riforma e di revisione proposti dall’organo vigilante, profilo sintomatico, deducibile anche dalla contestualità tra avvio della fase legislativa di riforma e decorrenza dello scioglimento, che ha trovato un’indiretta conferma negli atti esibiti in giudizio dalla difesa del ricorrente; tra questi è significativa in particolare la trascrizione della risposta all’interrogazione presso il senato della Repubblica in data 12/2/2003. Ne deriva la fondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso, con il quale si rileva che la scelta di procedere allo scioglimento degli organi doveva essere comunicata in anticipo agli interessati, motivo fondato sia perché si è data al provvedimento una decorrenza anteriore alla naturale scadenza degli organi, connotandolo come repressivo, sia perché le presupposte ragioni di urgenza si sono rivelate inesistenti, stante il mero avvio del procedimento legislativo diretto ad approvare al riforma. Le considerazioni che precedono comportano l’annullamento dell’atto impugnato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in € 2.000 a favore del ricorrente. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione terza ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Condanna le amministrazioni in solido al pagamento delle spese di giustizia, liquidate in motivazione a favore del ricorrente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma, alla camera di consiglio del 20 gennaio 2003, con l'intervento dei sigg. Francesco Corsaro - presidente; Lucia Tosti - consigliere estensore; Stefania Santoleri - consigliere.

07.03.2003 Spataro



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