DIY
Do it yourself. Non significa: fattelo da solo, ma gestiscitelo in casa, senza terzi a ficcarci il naso
In tempi di sfiducia, chiamata cinicamente e astrattamente zero trust, avere un software sicuro e' importante.
Per questo usiamo ssl: non ci fidiamo degli intermediari, e vogliamo la crittografia ovunque, indipendente dagli intermediari.
Ovviamente gli intermediari possono ugualmente sbirciare, aggirando a monte il funzionamento dei software. Ma in questo caso sarebbe evidente che commettono un reato: quello di distribuire software virulento, che agisce contro la nostra volontà.
In ogni caso avere software che lavora solo sui nostri pc, anche senza internet, diventa prioritario. Quindi ?
DIY e' un modo provocatorio per definire "indipendenti" i programmi che funzionano senza dipendere da soluzioni entralizzate. "Funzionano a casa tua", non "fattelo da solo".
Vale per molti software europei, per l'open source, dove si sviluppa ancora come 30 anni fa, quando software e dati dovevano tutti stare a casa del cliente.
Ricordo gli articoli che descrivevano la bontà di computer pensati come client: il software doveva risiedere altrove, era piu' facile gestirlo.
Oggi il tema e' stato declinato in tanti modi, pur di tracciare l'utente. Chi traccia meglio sa meglio cosa vuole l'utente e sviluppa prima soluzioni utili e di successo. A scapito della privacy.
Modelli di sviluppo. Al momento la gara a conquistare il tempo dell'utente sacrifica scelte etiche. Sara' difficile tornare indietro. Ci sara' un fork. Imprevedibile peraltro.
Spataro
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