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Divieto di pubblicita'

Definizione

Il codice deontologico forense permette la pubblicita' informativa dell'avvocato o del praticante a condizione che si tratti di un sito internet, di un convegno e non sia "emotiva".

Il codice prevede termini piu' ampi, includendo ogni forma di comunicazione a mezzo telematico.

Le indicazioni che possono essere inserite in un sito internet sono ristrette, improntate secondo i pareri di vari ordini locali al minimo indispensabile.

Peraltro e' ammessa la prestazione di consulenze on line, purche' non gratuite e purche' comunque non costituiscano accaparramento di clientela.

Alcuni ordini sembrano vietare l'utilizzo di animazioni di ogni tipo, fotografie dei locali, dell'edificio, del professionista.

Altri ordini sembrano richiedere, in fase di proposta, la necessita' di una assicurazione per le consulenze in rete.

L'apertura alla pubblicita' in rete ha portato a due conseguenze: gli altri professionisti quali i commercialisti hanno meno vincoli e gia' da tempo lasciano consulenze on line, mentre i giuristi piu' prudenti hanno dei siti praticamente vetrina e quelli che non conoscono l'applicazione delle norme che inseriscono anche pagine dedicata alla famiglia, agli hobbies e talvolta offrono pareri gratuitamente.

Quello che pochi sanno e' che quando un professionista riceve una richiesta di parere via internet, chi la invia di solito contatta altre decine di professionisti via email e da ognuno prende qualcosa, mettendo insieme un'accozzaglia indistinta di pareri parziali e contrastanti.

In generale quindi chi si rivolge al professionista nella speranza di avere un parere gratuito non si rende conto del rischio a cui va incontro, sia perche' crede di poter trovare egli una regola che i professionisti sanno non esistere, sia perche' si "fida" di informazioni date gratuitamente e quindi certamente di massima o parziali.

Quello che sembra poi essere una grande opportunita' si rivela spesso un fuoco di paglia.

Spataro

01.02.2007



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