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Banche    

Il bail-in se falliscono banche: pagano azionisti,obbligazionisti e i titolari privati dei depositi. Non gli Stati

Pagheranno i privati che hanno rapporti, anche di deposito, con le banche. In Italia in vigore da 1.1.2016. Nel frattempo le banche popolari diventeranno spa e potranno essere assorbite. Nel backstage MPS, Carige e altre banche in difficolta'. Video da EuroNews
23.04.2015 - pag. 91491 print in pdf print on web

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Da Camera.it:

Quadro unico di risoluzione delle crisi bancarie 28/11/2014

La direttiva che armonizza le procedure per la risoluzione delle crisi bancarie mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in difficoltà (cd. bail-out), introducendo il principio per cui la ricapitalizzazione degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. bail-in).

In particolare, il nuovo meccanismo prevede:

  •     la vendita di parti delle attività detenute, anche senza il consenso degli azionisti;
  •     la costituzione di una società "ponte" consistente nella cessione, anche in questo caso senza il consenso degli azionisti, della totalità o di una parte delle attività, diritti o passività ad un ente interamente o parzialmente di proprietà delle autorità pubbliche (che possono includere l'autorità di risoluzione delle crisi), costituito allo scopo di esercitare alcune o tutte le funzioni dell'ente soggetto a risoluzione della crisi;
  •     la costituzione di una bad bank per la gestione degli asset di cattiva qualità;
  •     il coinvolgimento dei creditori alla copertura delle perdite (bail-in). In particolare, azionisti e creditori parteciperebbero al piano di ristrutturazione fino a un limite massimo dell'8% delle passività della banca, e secondo una precisa gerarchia di intervento (azionisti, obbligazionisti junior, obbligazionisti senior e titolari di depositi oltre i 100.000 euro; i depositi sotto questa soglia verrebbero dunque salvaguardati);
  •     qualora le risorse conferite da azionisti, obbligazionisti e creditori non siano sufficienti, ci si potrà rivolgere al fondo unico di risoluzione (vedi infra), per un ammontare fino al 5% delle passività della banca in crisi;
  •     i singoli Governi potranno considerare eccezioni al contributo delle diverse categorie di creditori, chiedendo tuttavia, caso per caso, autorizzazione alla Commissione europea, che può dare parere negativo.

 

E ancora

 

Fondo unico di risoluzione 28/11/2014

Il meccanismo unico europeo per la risoluzione (Single Resolution Mechanism, SRM) delle crisi bancarie viene istituito con un regolamento. Il nuovo sistema prevede quanto segue:

  •     il meccanismo di risoluzione viene applicato a tutte le banche dei Paesi della zona euro e di quelli che decidono di aderire;
  •     in caso di fallimento di una banca, in prima battuta sarebbero penalizzati gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti; ove le risorse fossero insufficienti, dovrebbe intervenire lo Stato in cui ha sede la banca. Solo in ultima istanza subentrerebbe l'apposito fondo unico di risoluzione, che sarà finanziato dai prelievi a carico delle banche stesse e che dovrebbe avere – a regime - una dotazione di 55 miliardi di euro. Come già menzionato nel paragrafo precedente, il fondo unico non può comunque coprire più del 5% delle passività dell'istituto in crisi;
  •     il fondo unico di risoluzione verrebbe istituito ricorrendo a un accordo intergovernativo (sul modello del Meccanismo europeo di stabilizzazione, il cd. "fondo salva-Stati"), ed entrerebbe in funzione gradualmente, nell'arco di un periodo di transizione di 8 anni (a decorrere dal 1° gennaio 2016, e dunque entro la fine del 2023): in particolare, dai fondi nazionali finanziati dalle banche si dovranno versare nel fondo unico risorse tali da costituire il 70% delle riserve comuni nei primi tre anni; le risorse nazionali verrebbero sostituite integralmente dal fondo comune al termine del periodo transitorio;
  •     ai Paesi esterni all'Unione bancaria sarà richiesto di istituire, entro 10 anni, un proprio fondo, sempre finanziato dalle banche, pari all'1% dei depositi coperti;
  •     viene istituita un'Autorità unica di risoluzione per le crisi bancarie (single resolution mechanism board), articolata in due organismi decisionali: un board esecutivo con un direttore e quattro membri permanenti, e un organismo più largo (la "sessione plenaria") in cui, oltre ai cinque membri permanenti del board, siederanno i rappresentanti di ogni autorità di risoluzione nazionale dei singoli Paesi partecipanti, più gli osservatori nominati dalla BCE e dalla Commissione europea. La sessione plenaria si riunisce e delibera ogni qual volta è necessario assumere decisioni che richiedono interventi del fondo unico superiori ai 5 miliardi di euro;
  •     la BCE, nell'esercizio dei poteri di vigilanza, dovrà segnalare quando una banca sta fallendo o è probabile che fallisca, e il board, valutato se ricorrano i presupposti per l'intervento pubblico e non vi siano possibili alternative private, adotta il piano di risoluzione. Il Consiglio dell'UE, su proposta della Commissione, può - entro 24 ore - opporsi alla decisione del board, qualora rilevi che il programma di risoluzione non soddisfa il criterio dell'interesse pubblico oppure quando il piano preveda un esborso tale da comportare una modifica sostanziale all'ammontare del fondo unico.


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