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Famiglia    

Abusi familiari: provvedimento troppo facili senza prove ?

Ordini di protezione contro gli abusi familiari: questioni di incostituzionalità - photo courtesy of banjo d

17.12.2008 - pag. 67107 print in pdf print on web

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Stiamo per parlare di una normativa che fin dalla sua approvazione – avvenuta nell’aprile 2001, tra l’altro a Camere già sciolte, su proposta del secondo governo di Giuliano Amato, mentre era Ministro delle Pari Opportunità la comunista Katia Bellillo – è apparsa fortemente condizionata da pregiudizi ideologici e sessisti.

Purtroppo, come era ampiamente prevedibile, nel corso degli ultimi anni tali pregiudizi (che trasparivano anche dal resoconto stenografico della discussione generale avvenuta in Parlamento) sono tutti puntualmente riaffiorati nella giurisprudenza di merito, per colpa di magistrati troppo timorosi di apparire non abbastanza attenti all’esigenza sociale di reprimere il fenomeno della violenza sulle donne.

Si tratta dell’intero istituto giuridico dell’ordine di protezione contro gli abusi familiari, introdotto dalla legge 4 aprile 2001, n. 154. Per il modo stesso con il quale è stato concepito dal legislatore, questo nuovo strumento ormai da anni ha spalancato le porte a decisioni di merito profondamente ingiuste e vessatorie, soprattutto nei confronti dei mariti e dei conviventi di sesso maschile.

Nei confronti di questi ultimi, infatti, troppo spesso sono stati adottati provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare del tutto privi di adeguato supporto probatorio, e comunque sproporzionati rispetto alle esigenze di protezione che si volevano raggiungere. Il problema, che si sta trasformando in una vera e propria emergenza umanitaria, è quello che – a fronte di pochi casi realmente fondati di intollerabile violenza familiare – la normativa sugli ordini di protezione si è dimostrata uno strumento tanto invasivo quanto poco garantista, e per questo motivo troppo facilmente manovrabile da parte di avvocati senza scrupoli.


Molti di questi, nella prassi, lo utilizzano unicamente per “mettere nell’angolo” la controparte maschile, con la minaccia di poterla facilmente espellere da casa sua per almeno sei mesi, al solo fine di massimizzare il profitto ottenibile nelle trattative di separazione, a favore della coniuge da essi assistita.

Proporremo dunque qui di seguito varie questioni di incostituzionalità delle suddette norme, fondate sulla nostra esperienza professionale, nella speranza che prima o poi esse verranno portate all’attenzione della Consulta.

...

Ometto il testo successivo rimandando, al link indicato, alla lettura integrale alla fonte.

Civile.it segnala quanto scrivono on line i professionisti, e non e' vogliamo fare "quantità" pubblicandone integralmente il contenuto.

Con Massimiliano Fiorin ci siamo intesi subito sulla opportunità di una legge per la famiglia, non solo per la fine della famiglia.

Dispiace dirlo, ma sempre piu' spesso emerge un tabu': anche le madri possono non amare i figli, cosi' come i padri. Ogni generalizzazione e' semplicemente sciocca. La verità e' che siamo tutti essere umani, e tutti possiamo sbagliare o fare cose giuste.

Ma l'appello della croce rossa e di tutti coloro che operano nel volontariato e' unanime: troppi separati o divorziati finiscono per strade e si danno all'accattonaggio.

Vogliamo non saperlo ?


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