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Famiglia    

A proposito di contratto di convivenza ... (www.Civile.it)

A proposito di contratto di convivenza ... (www.Civile.it) ...
28.04.2003 - pag. 26162 print in pdf print on web

D

Da due anni vivo nella abitazione di mia proprietà assieme al mio convivente col quale fin dall’inizio abbiamo convenuto di non avere figli e di non sposarci.
Seppur il nostro feeling è sempre stato eccezionale, non abbiamo comunque mai escluso che un domani le cose possano cambiare ed in tale eventualità vorremmo entrambi avere qualche certezza in merito ai nostri reciproci diritti-doveri; in particolare, vorremmo sapere se possiamo fin da adesso accordarci sulle condizioni del nostro rapporto a 360 ° e se ciò è possibile, in che modo ed a quali condizioni.
(B.A.)


Gentile Lettrice, premesso che il nostro ordinamento non contempla alcun tipo di diritto-dovere in capo ai conviventi more uxorio in caso di eventuale interruzione del loro “ménage” – salvo che vi siano figli, per i quali è prevista una tutela pari a quella riservata ai nati da una coppia sposata – esiste, eccome, la possibilità di accordarvi, fin da adesso, sulle condizioni della vostra convivenza tramite la stipulazione di un apposito “contratto di convivenza”.
Il cosiddetto patto o contratto di convivenza – già affermatosi in esperienze straniere – è consentito dall’art. 1322 c.c. (disciplina dei contratti in generale – autonomia contrattuale –) per il quale “le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge”; esso può essere stipulato per iscritto dinanzi a un notaio, o con scrittura privata, o verbalmente, in presenza di testimoni, e può anche essere provato con ogni mezzo.
Ovviamente la forma scritta dà più garanzie per il grado di certezza che all’atto suindicato conferisce.
Tenga presente che l’oggetto del contratto di convivenza deve comunque essere limitato ad attribuzioni di tipo patrimoniale nel rispetto dell’art. 1321 c.c., che così statuisce:“Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Con tale contratto i conviventi possono dunque pattuire che, durante il rapporto, ciascuno è tenuto a contribuire alle spese comuni in proporzione ai propri redditi, alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, nonché indicarne la relativa entità, i tempi e i modi, e possono, altresì, prevedere le modalità dell’amministrazione dei beni personali e dell’amministrazione dei beni comuni.
Infine, essi possono regolare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza per cause diverse dalla morte, tra le quali:
a)- l’obbligo del versamento degli alimenti;
b)- il diritto per il convivente più bisognoso di continuare ad abitare la casa adibita a residenza comune.
E’, invece, esclusa la regolamentazione di obblighi di natura personale, poiché, così facendo, si violerebbe il principio costituzionale di libertà personale, con conseguente nullità del relativo accordo. Si pensi ad esempio:
a)- all’introduzione di clausole che impongono penali a carico di uno dei conviventi nel caso di abbandono o di infedeltà;
b)- ai patti o alle promesse unilaterali aventi ad oggetto l’assunzione di un determinato cognome, la procreazione o meno, l’affidamento familiare, l’adozione, il riconoscimento della prole, i patti successori, ecc.-


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28.04.2003 Alberto Foggia

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