Pensate l'epoca del C64 e dell'MSDOS.
Il basic era alla portata di tutti e spiegato nei manuali cartacei a corredo dei computer.
Si invogliava tutti ad imparare a programmare per sviluppare nuove soluzioni.
All'epoca i programmi giravano per passa parola. Era il tempo dello shareware, condividi gratis e paghi se trovi utile.
Poi dalla command line, la shell diremmo oggi, si è passati ad una interfaccia grafica.
La nuova interfaccia a finestre offriva l'elenco di software disponibili e installati. Comodo.
Sotto linux a lungo i software bisognava ricordarseli, e lanciarli a mano.
Finchè l'interfaccia utente ha voluto mostrare i programmi ma non come windows. Sotto linux i programmi venivano elencati per categoria.
Ufficio, sistema, grafica, impostazioni, accessori ...
Fu il primo catalogo di software. Fino a quel momento il software girava per passaparola o tramite i grandi portali dsitributori di software, cnet fra tutti.
Poi avvenne qualcosa.
Arrivò ipod e poi android. Apple aveva l'esperienza fallimentare del precedente telefono, e del mac che tutti cercavano di copiare.
Quindi Apple, proponendo ipod, propose anche una soluzione che legava gli sviluppatori a Apple. Un linguaggio dedicato, un contratto, e una opportunita': lo store di app, dopo lo store di musica che fu Itunes, prima software per desktop, poi anche per ipod.
Insomma: lo store di musica è stato un esempio di come una distribuzione commerciale ben organizzata può essere redditizia.
Il modello fu esportato e applicato alle app mobile.
Dopo di esse anche a Osx.
Android offre invece molti store anche se, in definitiva, quello di Google, Play Store, resta il principale per via dei contratti con i fornitori di hardware che devono privilegiare i software di Google se non vogliono avere prodotti con un sistema operativo con caratteristiche inferiori.
Nel frattempo Windows 8 cominciava a lanciare messaggi allarmanti a tutti coloro che scaricavano software non firmato dal web. Solo il software firmato poteva essere più sicuro, una dichiarazione discutibile.
Ubuntu invece inizia a sfruttare il proprio store raccogliendo le ricerche. Ogni termine cercato, anche di files locali, viene condiviso con ubuntu e amazon per proporre prodotti correlati, abbandonando l'interfaccia utente sviluppata dalla community per preferirne una proprietaria. Gnome e KDE resteranno, ma sempre meno e solo per appassionati. Linux Mint offrì una soluzione recuperando le soluzioni della community, diventando a lungo la preferita a Ubuntu.
Poi Windows 10. Il software potrà essere installato (Si dice) solo passando dallo store di Microsoft.
Oggi gli store sono tipicamente quelli dei dispositivi mobili.
Ma quanta strada si è fatta dai primi tempi ?
Certo: il vantaggio è avere software sempre aggiornato e in qualche modo controllato formalmente.
Ma la piaga dei virus e delle porte aperte per controlli non si è mai esaurita.
Sta di fatto che installare software ottimo ma poco conosciuto, non distribuito dagli store, diventa sempre più sconsigliato dai sistemi operativi e meno utilizzato dagli utenti che trovano tutto sul web.
Il termine store riguarda anche ogni attività di ecommerce.